La Cassazione ha preso nuove decisioni per quanto riguarda le offese su WhatsApp: chi lo fa rischia davvero grosso.
La diffamazione è uno dei reati più difficili da valutare, soprattutto perché negli ultimi anni sono stati analizzati diversi casi anche di offese e insulti attraverso il mezzo di internet. Nonostante si parli sempre di diffamazione verso un’altra persona, gli insulti online sono sempre stati in qualche modo sottovalutati e solo nell’ultimo periodo pare si stia muovendo qualcosa da questo punto di vista.
Lo sviluppo di internet e delle piattaforme social ha chiaramente fatto nascere nuovi fenomeni anche per quanto riguarda i reati e i comportamenti immorali da parte delle persone. Il mondo del web ha sicuramente aiutato tante persone a esprimersi senza filtri e senza vergogna, ma chiaramente questo ha portato anche tante persone a insultare ed esprimere cattiverie nascondendosi dietro lo schermo di un PC o di uno smartphone.
Gli insulti attraverso i social hanno fatto nascere una categoria di utenti chiamata hater, i quali in maniera ricorrente esprimono giudizi e commenti negativi nei confronti di una persona, in questo caso principalmente un personaggio famoso. In ogni caso l’odio, gli insulti e le diffamazioni su internet fanno parte di quello che viene generalmente chiamato cyberbullismo.
Nonostante questo fenomeno sia ormai abbastanza diffuso da diversi anni, purtroppo resta ancora generalmente impunito dato che la diffamazione online spesso passa inosservata e in molti casi è davvero difficile risalire all’autore dell’insulto, perché generalmente si utilizzano profili creati ad hoc e false identità per scamparla. Negli ultimi giorni però qualcosa sembra essere cambiata e la Cassazione si è espressa in merito alle diffamazioni online e tramite WhatsApp.
Quando si parla di diffamazione, che si sia essa consumata dal vivo o tramite una chat WhatsApp, la Cassazione ha specificato alcuni elementi: si tratta di diffamazione quando l’insulto non viene direttamente recepito dalla vittima, ma da altri presenti (che possono essere persone fisicamente presenti o collegate a una chat); se invece l’insulto viene percepito dalla vittima direttamente si parla più correttamente di ingiuria.
Dunque, tornando al discorso su WhatsApp, se mandiamo un insulto in chat e questo viene subito percepito allora potrebbero esserci gli estremi per l’ingiuria, mentre se scriviamo insulti in una chat di gruppo e il diretto interessato non è collegato si tratta a tutti gli effetti di diffamazione. La diffamazione è un reato penale punibile fino a 6 mesi di reclusione mentre l’ingiuria è un reato civile punibile con una sanzione pecuniaria.
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