Una volta scoperchiato il vaso di Pandora, è difficile tornare indietro e si aggiunge ora un’altra terribile testimonianza sulla Nazionale.
Qualche mese fa abbiamo fatto i conti con una realtà che ci ha sconvolto, ma che alla fine, forse ci aspettavamo pure. Lo sport, infatti, è disciplina e rigore sopra ogni cosa, fondamentali per ottenere risultati eccellenti ad alti livelli agonistici, si sanno più che bene quindi quali e quanti sono i sacrifici degli atleti ogni giorno per diventare i migliori.
Ma cosa succede quando la patina dello sport che aiuta a crescere e che tempra viene violentemente cancellata con un colpo di spugna? Accade che il passato torbido, fatto di quotidianità, trova il suo spazio nei media e si racconta come mai aveva fatto prima. Così la Nazionale di ginnastica ritmica e artistica ha piano piano scoperchiato il vaso di Pandora, parlando dei soprusi e delle umiliazioni costanti in un ambiente tutto fuorché sportivo, o forse no.
Questa volta, però, la testimonianza non proviene da una delle ginnaste. Fino a ora, infatti, sul tema si erano esposte tutte atlete ed ex atlete che avevano raccontato il mondo tossico della ginnastica ritmica tra lustrini e paillettes. Anche le allenatrici, però, ora cominciano a vacillare rompendo il muro dell’omertà.
“Ho sbagliato”: parla Irene Castelli, allenatrice della Nazionale
Forse le 197 denunce finora ricevute dagli psicologi e dai legali dell’associazione «Change The Game», coordinata da Daniela Simonetti, finalmente danno i loro frutti. Irene Castelli, infatti, è stata la prima coach di ginnastica artistica, ad aver ammesso i suoi errori. Intervistata dal ‘Corriere della Sera’, l’ex farfalla che partecipò alle olimpiadi di Sidney del 2000, ha raccontato il suo comportamento tossico in tutti questi anni di carriera, frutto di una sua condizione già ai limiti dell’umano.
“Mandata in pedana sotto antidolorifici anche quando stavo male per non sottrarre tempo agli allenamenti dovevo scegliere se pranzare o andare dal fisioterapista“, ha raccontato l’ex azzurra. “Le Olimpiadi non sono state un traguardo ma un incubo”.
“Ho sbagliato sapendo di sbagliare. Ho sbagliato perché alla fine della mia carriera di atleta avevo l’autostima sotto i piedi ed ero traumatizzata nel corpo e nella mente”, ha ammesso la Castelli. “Così, quando ho iniziato ad allenare, aggredivo sistematicamente le mie allieve: se non ho fatto loro del male è solo perché ho realizzato la situazione e ho trovato una psicologa che mi ha guarito. Alle colleghe dico: cercate aiuto all’esterno, accettatelo perché il rischio di provocare traumi e dolore nelle vostre bambine è forte”.
Insomma, alla fine della sua carriera, la Castelli ha riversato sulle sue allieve tutta la sua frustrazione. Ora però, Irene sembra essere guarita e pentita del tutto, facendo pubblicamente un mea culpa che ha dato la forza e il coraggio anche a un secondo coach, di cui ancora non si sa l’identità, di ammettere tutte le vessazioni a cui ha sottoposto le sue allieve.
“Una mia atleta promettente ma esuberante veniva umiliata davanti a tutti dal capo allenatore che la costringeva a decine di trazioni punitive alla fune. Un giorno lei, per la vergogna e lo sfinimento, si fece la pipì addosso. Lui si trattenne dal darle uno schiaffo dicendo che le faceva schifo”, ha raccontato ancora Irene confessando anche come solo ora l’allenatore si sia reso conto delle sue terribili azioni.
Articolo di Karola Sicali