Plastica monouso, il nostro paese recepisce una direttiva Ue con l’entrata in vigore di una legge di novembre: critici gli ambientalisti
Scatta da oggi in Italia lo stop alla plastica monouso non compostabile e biodegradabile con l’entrata in vigore del del decreto legislativo 196, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 30 novembre scorso con l’obiettivo di salvaguardare l’ambiente ei mari.
La legge è nata dopo la Direttiva Ue “Sup” (Single Use Plastic) del 2019 per ridurre l’impatto ambientale. Secondo studi dell’Ue, l’immondizia che galleggia nelle nostre acque ha un peso tra i 5 e i 13 milioni di tonnellate di cui la metà composta proprio da plastica.
Tanti quindi la plastica che man mano non vedremo più in giro, tutto quel materiale che non è biodegradabile e non è compostabile. Addio ai classici piatti e bicchieri di plastica, cannucce, aste dei palloncini e tanto altro ancora.
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Ad essere messa al bando non è la plastica in sé perché è consentito (e privilegiata) quella sostenibile e riciclata. Produttori e commercianti potranno infatti continuare a lavorare con il materiale che hanno in magazzino, ma bisognerà comprovare che l’immissione nel mercato sia antecedente al 14 gennaio 2022. Per chi non rispetterà le regola, la multa sarà da 2.500 euro a 25mila.
Per promuovere l’uso dei prodotti ora consentiti, la legge ha previsto delle agevolazioni con un credito d’imposta per un massimo complessivo di 3 milioni di euro per ciascuno, nell’anno corrente, nel 2023 e nel 2024. Saranno avviate anche campagne di sensibilizzazioni e informazioni sulle regole di smaltimento.
Non mancano le critiche da parte di organizzazionìi in difesa dell’ambiente. Greepeace parla di “approccio miope che favorisce solo una finta transizione ecologica” sostenendo che la direttiva europea dava maggiori opportunità per andare oltre il monouso.
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Critica anche Legambiente secondo la quale i prodotti in plastica molto simili a quelli monouso riutilizzabili ma solo per un numero limitato di volte (avvertenza indicata anche sulla confezione), è un modo per aggirare la direttiva e paradossalmente porterà a un incremente dell’utilizzo della plastica.
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