Covid. Secondo quanto emerso da sei studi internazionali, la variante Omicron ha maggiori probabilità di colpire la gola e sarebbe meno letale rispetto alle altre mutazioni.
In base a quanto emerso recentemente da sei studi internazionali, ancora in attesa di una revisione paritaria da parte di altri scienziati, la variante Omicron tenderebbe ad infettare maggiormente la gola.
Tale mutazione di Covid colpirebbe meno i polmoni e, per questo motivo, sarebbe meno letale rispetto alle altre varianti ma allo stesso tempo rischierebbe di essere maggiormente infettiva.
Omicron: la variante sarebbe meno letale ma più infettiva, ecco quanto è emerso dalle ricerche
La notizia è stata riportata dal Guardian e poi ripresa dai quotidiani nazionali, tra cui la Gazzetta di Parma: la variante Omicron “sembra più in grado di infettare la gola, dove si moltiplicherebbe più facilmente che nelle cellule profonde nel polmone”. Tali affermazioni sono ancora preliminari ma gli studi hanno dato risultati concordi.
Il fatto che Omicron colpisca maggiormente la gola lo renderebbe più trasmissibile e questa sarebbe una spiegazione per la sua diffusione veloce, a differenza delle altre varianti che attaccano i polmoni e sono più pericolose ma si trasmettono con meno rapidità.
Al momento gli studiosi si aspettano un aumento dei casi in Europa nelle prossime due settimane ma con una mortalità che dovrebbe mantenersi stabile e, di conseguenza, tassi di ospedalizzazione stabili.
Prendendo tra i diversi studi uno eseguito dal Molecular Virology Research Group dell’Università di Liverpool, è stato osservato sui topi che la variante Omicron è correlata a “malattie meno gravi”, presentando una carica virale inferiore e delle polmoniti meno gravi. Secondo la ricerca, la malattia sarebbe meno grave rispetto alla Delta e al virus originale da Wuhan: gli animali sono riusciti a riprenderti con più velocità.
L’Iss nel Report esteso settimanale sulla situazione europea ha dichiarato che “la variante Omicron viene rilevata in numero crescente di Paesi”, colpendo maggiormente i Paesi che hanno una copertura vaccinale più bassa. Nel frattempo, però, ci sono “evidenze dell’aumento della preoccupazione anche nei Paesi con coperture vaccinali più elevate”.