Roberta Ragusa è scomparsa nel 2012, il corpo non è mai stato ritrovato. Il marito Antonio Logli è in carcere. La difesa: “Nuova deposizione”
C’è una storia vecchia di dieci anni, una scomparsa sentenziata come omicidio. Un cadavere mai ritrovato e un colpevole in carcere.
La vicenda di Roberta Ragusa, del gennaio 2012, ha ancora dei punti non chiari. Antonio Logli, il marito, è stato ritenuto il responsabile e si è sempre professato innocente. Dalla stessa opinione anche Daniele e Alessia, i figli.
Roberta è scomparsa nella notte tra il 13 e 14 gennaio 2012. Con il marito e i figli viveva a Gello San Giuliano, in provincia di Pisa, ma il loro matrimonio non andava a gonfie vale tanto che Antonio aveva un’amanta, Sara Calzolaio, dipendende della scuola guida di famiglia.
Antonio aveva denunciato alla polizia la scomparsa sostenendo che fosse successo mentre lui dormiva. Ma da subito gli inquirenti avevano sospettato di lui che aveva un graffio sulla fronte ed era sembrata inverosimile l’allontanamento di lei in pigiama con il freddo di gennaio, senza nulla che la coprisse.
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C’è però un testimone, il giostraio Loris Gozi, che sostiene di aver visto Logli e la moglie nei pressi di un passaggio a livello, non lontano dalla loro casa e lei era proprio in pigiama con lui che la strattonava.
Su Il Giornale di oggi si riporta che “ora c’è un ex detenuto che afferma che Gozi gli abbia rivelato di aver mentito”, anche se in questi giorni c’è stato l’incidente probatorio.
Logli dalla sua parte oltre agli avvocati difensori ha anche la criminologa investigativa Anna Vagli che al quotidiano ha dichiarato di puntare alla revisione del processo che “si fonda su una nuova deposizione che sconfessa quanto dichiarato dal supertestimone Loris Gozi”. L’obiettivo è riaprire il processo.
Logli è stato condannato a 20 anni di reclusione nel 2016, condanna confermata in Appello due anni dopo e diventata definitiva con la Cassazione nel 2019.
La Vagli ha anche fatto cenno a scritti rinvenuti nella soffitta dove Roberta viveva con la famiglia. Diari pieni di sogni e un cartellone diviso in due parti: da un lato com’è andata la sua vita fino a quel momento e dall’altro come avrebbe voluto che andasse.
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All’epoca del processo una zia di Roberta, oggi defunta, aveva detto che la nipote le confidò di andare via, in un posto caldo, lontana dalla famiglia. Queste dichiarazioni non furono prese in considerazione e la difesa vuole ripartire da questi elementi per ottenere la revisione del processo.
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