Sara Pedri è una ginecologa 31enne di Forlì, scomparsa lo scorso 4 marzo. Ad essere stata ritrovata è stata solo la sua macchina vicino al lago di Cles. La donna più volte aveva manifestato l’angoscia che provava nel posto di lavoro, l’ospedale di Santa Chiara Tateo a Trento.
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Pedri, originaria di Forlì, dopo la laurea specialistica a Catanzaro era stata assegnata all’ospedale di Cles. Molti sono i sospetti che riconducono la sparizione di Sara ad un suicidio a causa del suo lavoro. Uno dei messaggi che ha portato le indagini su questa via sono quelli mandati a sua sorella Emanuela tre giorni prima di sparire nel nulla. Sara aveva detto ad Emanuela di non riuscire più a continuare a lavorare in quell’ambiente.
L’avvocato che sta lavorando per la famiglia Pedri è Nicodemo Gentile, il quale accusa l’ospedale di aver fatto sulla giovane ginecologa atti di mobbing, ovvero la persecuzione esercitata sul posto di lavoro da colleghi o superiori. Gentile afferma che in soli tre mesi di lavoro la donna era cambiata in negativo, era spesso triste, “e questo ci dice con forza che qualcosa è successo in quella struttura”, afferma il legale.
Poi continua dicendo che in molti prima di lei avevano vissuto situazioni analoghe in quella clinica. Infatti proprio dopo la scomparsa di Sara sono state molte le denunce di altri ex lavoratori della struttura che hanno raccontato il clima vessatorio in cui si lavorava in quel reparto. Dopo questi atti contro l’ospedale di Santa Chiara Tateo a Trento è stato licenziato il primario Tateo, che però si è proclamato innocente.
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Sara Pedri raccontava a sua sorella di non sentirsi all’altezza di quello che le veniva chiesto dai suoi superiori. Soprattutto affermava di essere lasciata sola a prendere decisioni importante. Il 14 dicembre poi, dopo due mesi dall’assunzione, ha raccontato a Emanuela che era costretta a lavorare per 12 ore, e che i suoi superiori la intimavano di non parlarne con nessuno altrimenti avrebbe avuto delle ripercussioni. “Ieri però sono andata in crisi…non te lo nascondo”, ha scritto in un messaggio Sara alla sorella.
La ginecologa poi ha raccontato un episodio in cui aveva fatto arrabbiare in sala operatoria la moglie del capo. E lei stesse ha affermato di che in quel posto “non avrebbe avuto vita lunga”. Il 21 febbraio stanca dalla situazione Sara decide allora di chiedere qualche giorno di malattia, ma il suo disagio peggiora al pensiero di non andare a lavoro. La donna afferma di essere paralizzata nel letto dalla paura, e che continuava a prendere dei farmaci, probabilmente per rimanere tranquilla.
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La ginecologa nei messaggi con la sorella si dice sopraffatta dalle responsabilità e dal terrore di nuocere gli altri. La donna si sente sfinita, senza forze e non riesce a contrastare la situazione e incolpava sé stessa di aver deluso le persone a lei care. Sara si ritrovava smarrita in un mondo così diverso, e probabilmente lontano dalle sue aspettative dopo la specializzazione a Catanzaro.
Poi l’ultimo messaggio alla sorella Emanuela: “Non ne posso più Manù”, dice Sara, ormai sopraffatta dagli eventi. A mantenere la luce sul caso è stata creata una pagine su Facebook dal nome “Verità per Sara Pedri” in cui in molti chiedono la verità sulla scomparsa di Sara.
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