Una ricerca italiana ha dimostrato che l’anticorpo monoclonale 12A12 è in grado di determinare “miglioramenti significativi” nelle alterazioni più importanti prodotte dal morbo di Alzheimer.
Il fronte della ricerca scientifica contro l’Alzheimer compie un nuovo importante passo. Da un recente studio tutto italiano è emerso come un determinato anticorpo monoclonale possa rivelarsi efficace contro le principali alterazioni provocate dalla nota malattia degenerativa. La proteina in questione prodotta in laboratorio è denominata 12A12.
La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica International Journal of Molecular Sciences, è stata coordinata dall’Istituto di sistemi complessi (Isc) e dall’Istituto di farmacologia traslazionale (Ift) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), e svolta con la collaborazione dell’Istituto di biomembrane, bioenergetica e biotecnologie molecolari (Ibiom), dell’Irccs Fondazione S. Lucia, della Fondazione Ebri, del Policlinico Universitario Gemelli e dell’Irccs Fondazione Bietti.
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Lo studio su 12A12, l’anticorpo monoclonale efficace contro l’Alzheimer
L’anticorpo monoclonale 12A12 agisce contro il processo del morbo di Alzheimer legato all’alterazione della proteina Tau, che a causa del suo accumulo nel cervello si attesta tra i principali processi che determinano la progressiva degenerazione neuropatologica.
Come spiegato da Roberto Coccurello, ricercatore del Cnr-Isc, lo studio preclinico ha dimostrato che l’anticorpo artificiale “produce un netto miglioramento e una regressione di alcuni deficit cognitivi di memoria, come quella spaziale o di riconoscimento” e allo stesso tempo agisce contro le più gravi alterazioni neuropatologiche.
I dati emersi nel corso dello studio hanno dimostrato inoltre che nei soggetti diabetici con instabilità glicemica il rischio di sviluppare la malattia è maggiore. Per portare avanti la ricerca scientifica, coordinata da Pietro Calissano, è stato utilizzato “un modello murino non genetico della malattia di Alzheimer”. Esso ha consentito di riprodurre l’ampio ventaglio di caratteristiche neuropatologiche presenti nell’uomo nella forma non ereditaria della malattia, che è quella più diffusa.
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La ricercatrice del Cnr-Ift Giuseppina Amadoro ha dichiarato che una somministrazione di tre settimane di 12A12 nei modelli murini neutralizza la proteina Tau alterata. “Abbiamo potuto dimostrare – ha confermato la scienziata – un significativo recupero dei deficit cognitivi di memoria e un ristabilimento di meccanismi molecolari legati all’azione dell’insulina nel cervello”.
Gli ottimi risultati della ricerca italiana, che hanno evidenziato la grande potenzialità offerta dalla terapia anticorporale sulla malattia di Alzheimer, aprono adesso la strada alla sperimentazione clinica di fase 1 sull’uomo.