L’ex capo della Squadra Mobile di Firenze, Michele Giuttari, svela tra le pieghe del suo ultimo romanzo, Delitto sul Chianti, alcuni degli sviluppi inattesi e dei misteri irrisolti del drammatico caso del Mostro di Firenze
Le indagini del Commissario Ferrara, l’alter ego del Super Poliziotto, portano a galla due particolari inquietanti. Ecco quali
La vicenda del Mostro di Firenze ha avuto, per oltre 17 anni, un ruolo di rilievo nella cronaca nera italiana. Un mistero, forse non del tutto risolto, che ha come sfondo sette duplici omicidi, forse otto, avvenuti tra Firenze e provincia dal 1974 al 1985.
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Per la vicenda sono stati condannato in via definitiva i “compagni di merende” Giancarlo Lotti e Mario Vanni, autori materiali di 4 dei sette omicidi, mentre un terzo uomo, il tristemente noto “contadino di Mercatale”, Pietro Pacciani è morto poco prima di poter scontare la pena dell’ergastolo.
Mostro di Firenze: le rivelazioni di Michele Giuttari
E proprio sulla sua morte si concentrano alcuni passi dei libri di Michele Giuttari, ex Capo della Squadra Mobile di Firenze e principale investigatori dei delitti.
Il Super Poliziotto, come rivela spesso nelle sue interviste, ha inserito diversi elementi del suo lavoro nel personaggio del Commissario Ferrara, il protagonista dei suoi scritti.
In uno in particolare, quello uscito nel 2021, Omicidio sul Chianti, rivela due elementi di sicuro interesse. Il primo riguarda la morte di Pietro Pacciani avvenuta apparentemente per cause naturali nel 1998. Secondo Giuttari il “compagno di merende” di Lotti e Vanni è stato ucciso. A suffragare la sua tesi la posizione in cui è stato ritrovato il cadavere, in posizione innaturale ed invertita, rispetto alle macchie ipostatiche rinvenute.
Un altro particolare spinge l’investigatore a formulare l’ipotesi dell’omicidio per Pacciani, quella di uno straccio imbevuto di verechina trovato intorno alla vita. Secondo Giuttari Pacciani sarebbe stato ucciso dal vero Mostro, dal mandante degli omicidi, perché ritenuto inaffidabile ai fini processuali e per cauterizzare le ferite sarebbe ricorso all’espediente dello straccio.
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Sempre il poliziotto scrittore, tramite il suo alter ego Ferrara, rivela che l’arma del delitto del 1968, quello mai definitivamente collegato al Mostro di Firenze, era oggetto di una importante controversia.
Si trattava di un mancato pagamento nel quale era coinvolto un noto avvocato del Nord Italia sul quale però non si sono mai approfondite le indagini. Un pezzo mancante del puzzle che forse potrebbe aprire scenari foschi ed inediti.