E all’improvviso è sbucata fuori una Gioconda, attribuibile alla scuola di Leonardo. Un’opera dal valore inestimabile, su cui con buona probabilità ha messo mano anche il maestro da Vinci. Il capolavoro è stato trovato nella Camera dei deputati. Era lì da chissà quanto tempo, ma nessuno se ne era mai accorto o preoccupato. L’opera era già conosciuta dai critici dell’arte (come Gioconda di Torlonia), e da quasi cento anni se ne erano perse le tracce. L’hanno trovata per caso sopra il termosifone in una stanza di uno dei questori di Montecitorio, il grillino Federico D’Inca.
La nuova Gioconda ritrovata nella Camera dei deputati poteva essere distrutta dall’incuria e dalla superficialità degli ospiti di palazzo Montecitorio. La tela, gravemente opacizzata dal passare dei secoli, è ora stata restaurata. In passato si pensava che fosse una delle tante copie di scarso valore del capolavoro esposto al museo del Louvre. E invece si tratta di un dipinto di inestimabile valore, voluto da Leonardo da Vinci, e lavorato dalla sua bottega.
Il mistero della nuova Gioconda trovata a Montecitorio
Alcuni documenti storici lasciano aperta l’ipotesi che Leonardo abbia dipinto almeno due Gioconde. Già in passato molti critici hanno sostenuto che Leonardo avrebbe potuto firmare almeno tre o quattro versioni del quadro (una è per esempio a Madrid). E così, a oggi, in giro per il mondo, troviamo almeno tre versioni che si autoproclamano autografe di Leonardo. Poi ci sono decine di copie fatte da artisti leonardeschi. Con buona probabilità Leonardo da Vinci, lavorando per così tanti anni al ritratto di Lisa Gherardini, cioè Monna Lisa, potrebbe aver steso due o più copie dell’originale. Delle opere gemelle, insomma. Tra queste c’è anche la versione della collezione Torlonia.
Ma com’è stata trovata la Gioconda di Montecitorio? Tutto è partito dall’organizzazione delle cerimonie per il cinquecentenario dalla morte di da Vinci. L’Accademia dei Lincei, nel 2019, aveva infatti affidato all’architetto e restauratore Antonio Forcellino l’incarico di curare la mostra Leonardo a Roma. Quando fu convocato nell’ufficio del sottosegretario alla Cultura, la senatrice leghista Lucia Borgonzoni, Forcellino aveva proposto di esporre proprio la Gioconda della collezione Torlonia, di cui però si erano perse le tracce da moltissimi anni. Forse dal 1925, l’anno a cui risaliva l’unica immagine del ritratto a disposizione dei critici. Il senatore della Lega Stefano Candiani, presente alla riunione, si alzò in piedi e gridò: “Forse so dove si trova!”
L’intuizione di Stefano Candiani
E così Candini portò tutti a Montecitorio, nella stanza dell’allora questore della Camera, Federico D’Incà, che è l’attuale ministro per i rapporti con il Parlamento (in quota M5S). E la povera Gioconda era davvero lì, appesa sopra un termosifone. È assurdo, ma è andata proprio così. Una versione della Gioconda a Roma, forse curata dallo stesso Leonardo, era stata buttata in una stanza di Montecitorio, a fare da arredamento.
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La Gioconda di Montecitorio ha poi un aspetto davvero interessante: al posto di una strada, sullo sfondo, appare il colore azzurro del fiume. Stiamo parlando di un particolare visibile nella parte sinistra del quadro. Lo stesso particolare è presente anche nella Gioconda spagnola. Piccola nota personale: la Gioconda di Torlonia, quella ritrovata presso la Camera, è molto meglio di quella di Madrid. Per fortuna oggi l’opera è stata restaurata e ripulita come si deve.