Ospite a ‘Oggi è un altro giorno’ c’è Barbara Piattelli, chi è la donna che venne rapita dalla ‘ndrangheta nel 1980.
La storia di Barbara Piattelli è estremamente drammatica: molto giovane, viene rapita da una banda di sequestratori legati alla ‘ndrangheta. Siamo a Roma il 10 gennaio 1980, la ragazza ha 27 anni e si trova in compagnia del suo fidanzato. La coppia aveva preso i biglietti per il nuovo spettacolo teatrale di Carlo Verdone.
Ma a quello spettacolo la coppia non arriverà mai perché la giovane venne rapita appunto da uomini legati alla criminalità organizzata calabrese. La sua storia è stata raccontata in “343 giorni all’inferno”, il documentario scritto e ideato da Vania Colasanti. Non fu una scelta casuale, quella di rapirla. Perché la ragazza era figlia di uno stilista molto famoso.
La ragazza visse un incubo: due furono gli inverni passati nelle mani dei rapinatori. Barbara Piattelli, in un’intervista, ha così descritto la sua esperienza: “Mi sono fatta due inverni all’addiaccio, senza mai avere un tetto sopra la testa”. Nessun contatto con nessuno, a parte 3-4 membri della banda di rapinatori.
Che cosa è successo a Barbara Piattelli: la sua drammatica storia
Solo lo spirito di adattamento e di sopravvivenza consentì a lei di sopravvivere a quegli undici mesi di rapimento. Venne infatti rilasciata il 18 dicembre 1980, dopo due lunghi inverni passati tra le montagne dell’Aspromonte. Tra le testimonianze che hanno ripercorso e ricostruito la vicenda di Barbara Piattelli c’è anche Michele Giuttari, che prima di dirigere la Squadra Mobile di Firenze, è stato a capo della Squadra Mobile di Cosenza.
Ma c’è anche ad esempio Carlo Verdone, all’epoca molto giovane e che si trovò testimone inconsapevole di quella vicenda sconcertante. L’attore e regista romano – come detto – aveva in programma uno spettacolo nuovo e Barbara Piattelli era attesa in platea. Ma non solo: il papà della ragazza rapita aveva come cliente proprio l’allora giovane attore, destinato poi a diventare uno dei più amati in Italia.
La donna, a distanza di 41 anni, sostiene di non essere stata riconosciuta come vittima della criminalità organizzata, e a suo dire mai sarebbe stata fatta un’inchiesta seria sul suo rapimento. Nessun risarcimento, a quanto pare e oltre al danno era arrivata anche la beffa: suo padre ha dovuto pagare le tasse sul riscatto consegnato per liberare sua figlia. Che però non erano risparmi di famiglia, ma il frutto di un prestito.