Continua l’inchiesta denominata dai giornalisti e inquirenti “Ambulanza della morte”. I carabinieri della compagnia di Paternò hanno condotto in carcere il secondo barelliere con l’accusa di omicidio ed estorsione aggravata. L’arresto si è svolto su delega della direzione distrettuale Antimafia della Procura di Catania.
Dunque i carabinieri di Paternò hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Agatino Scalisi, indiziato per omicidio volontario pluriaggravato ed estorsione aggravata e continuata. E c’è poi anche l’aggravante del metodo mafioso, dato che gli inquirenti hanno già riscontrato inquietanti collegamenti fra le vicende dell’Ambulanza della morte con le attività illecite del clan Mazzaglia-Toscano-Tomasello.
Un secondo arresto nel caso dell’Ambulanza della morte
I Mazzaglia, i Toscano e i Tomasello, con cui il barelliere Scalisi si confrontava per il triste business dell’ambulanza della morte, sono mafiosi attivi a Biancavilla. Alleati con il clan Santangelo di Adrano (paese di origine di Scalisi).
Scalisi sarà chiamato a scontare trent’anni di carcere. Intanto la Corte d’Assise di Catania ha condannato con sentenza di primo grado alla pena dell’ergastolo il coimputato Davide Garofalo.
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Il Garofalo ha già presentato appello. E lo stesso farà di sicuro anche Scalisi. Ma difficilmente i due saranno scagionati. I giudici hanno in mano tantissime prove. E poi ci sono troppe testimonianze che confermano i fatti. I parenti delle vittime sono ancora sul piede di guerra, e non si arrenderanno facilmente.
La ricostruzione della Procura
Secondo i magistrati di Catania Garofalo e Scalisi, entrambi impiegati come sanitari su un’ambulanza privata, avrebbero ucciso dei malati durante il trasporto presso l’ospedale di Biancavilla, con iniezioni di aria per via endovenosa. E tutto ciò per favorire le imprese funebri gestite dalla mafia.
Scalisi, che aveva scelto il rito abbreviato, è stato condannato per un solo episodio: l’omicidio di un’anziana, trasportata in ambulanza il 5 aprile 2014. Garofalo invece è stato già condannato per tre omicidi accertati. In più su entrambi i soggetti incombe il reato di estorsione. E questo secondo delitto sarebbe stato commesso ai danni delle pompe funebri dei fratelli Arena (oggi collaboratori di giustizia), ossia l’agenzia che favorivano con le morti. Del caso si è a lungo interessato il programma Le Iene.