Quella di oggi, 25 novembre, è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. In Italia, i casi di femminicidio stanno avendo una preoccupante impennata e diventa sempre più necessario affrontare il problema con i giusti mezzi.
Durante la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne sono molte le iniziative, le manifestazioni e gli eventi che vengono programmati nelle diverse città e paesi.
Nonostante ciò, la violenza di genere continua ad essere un grave problema che affligge la società contemporanea. In Italia i casi di femminicidio sono in aumento e vanno di pari passo con una serie di fattori: la cultura patriarcale, la scarsa attenzione da parte delle istituzioni e delle forze dell’ordine – che spesso minimizzano le denunce delle donne vittime di violenza o vanno ad additare coloro che subiscono uno stupro -, la mancanza di una vera sensibilizzazione sul tema e l’influenza dei media, con la loro tendenza a romanticizzare i femminicidi.
I dati sui casi di femminicidio sono sempre più preoccupanti: troppe donne continuano ad essere uccise ogni giorno, in particolare da parte dei propri compagni o ex. In un’intervista per “Io Donna”, Tina Marinari (responsabile dell’ufficio campagne di Amnesty International Italia) ha affrontato l’argomento.
In Italia, nonostante sia stata registrata una diminuzione degli omicidi, i femminicidi sono in aumento e la quarantena ha inciso negativamente al riguardo. Come riportato da Adnkronos, ci sono stati 109 femminicidi quest’anno, i quali costituiscono il 40% degli omicidi commessi in totale nel paese. Inoltre, sono 93 i femminicidi effettuati nell’ambito familiare e/o affettivo.
Come affermato da Marinari, “parlare di violenza maschile contro le donne è ancora oggi fondamentale”: è necessario “promuovere cambiamenti nei modelli sociali e culturali di comportamento” di ogni membro della società, in modo da poter superare gli stereotipi di genere che vanno ad incentivare la violenza.
L’educazione ha un ruolo decisivo: bisogna insegnare l’importanza del rispetto reciproco e del consenso nelle relazioni, sia sessuali che sentimentali. “Il sesso senza consenso è stupro”, ha proseguito Tina Marinari. Purtroppo questo concetto non è ancora chiaro e, quando si parla di stupro, sia giornali che tribunali spesso attribuiscono la responsabilità alla vittima.
Marinari cita alcune delle domande che ricevono le donne in questi casi, le più diffuse sono: “Avevi bevuto?” o “Com’eri vestita?”, mentre l’unico fatto da verificare dovrebbe essere la presenza o meno del consenso. Una precisazione importante di Marinari è che il silenzio da parte della donna o l’atto di non dire “no” non corrisponde ad un’espressione di consenso.
Inoltre, bisogna abbandonare gli stereotipi della cultura dello stupro, come l’idea che “quando (una donna) dice no ad una proposta sessuale, lo faccia solo per farsi desiderare o per rendersi più interessante”.
Infine, Marinari ha parlato dell’obbligo del governo di supportare i centri antiviolenza tramite i fondi necessari che, però, “continuano ad essere pochi e distribuiti con estremo ritardo”.
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