Johnny, uno dei numerosi clochard che vivono vicino alla Darsena a Milano, si è raccontato al Corriere della Sera: ecco come è finito a vivere in strada.
Secondo le ultime stime sono oltre 50mila i clochard presenti in tutta Italia e il loro numero sarebbe in aumento anno dopo anno. Un esercito di persone disperate, senza fissa dimora e alle prese con la forma di esclusione sociale più drammatica. C’è chi rimane senzatetto solo temporaneamente, ma anche chi vive in tale condizione in modo permanente.
I motivi possono essere vari: dalla povertà ai problemi familiari, passando per le problematiche di salute mentale. Il Corriere della Sera ha intervistato uno dei tanti clochard di Milano che vivono nei pressi della Darsena. Johnny, questo il suo nome, vive accanto al distributore di sigarette in corso Porta Ticinese. La sua è la storia di una vita difficile, comune a quella di molta altra gente che vive come lui.
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La drammatica storia di Johnny, clochard 31enne di Milano
Il senzatetto Johnny ha 31 anni e ha già perso entrambi i genitori: il padre è morto di infarto mentre la madre è stata stroncata dal cancro. Come rivelato al quotidiano milanese, avevano una piccola impresa edile che è fallita. “I debiti si sono mangiati i risparmi e la casa in affitto è rimasta una casa in affitto”. Da allora non ha più un posto al caldo in cui vivere e ha ormai perso il lavoro interinale che aveva.
Il giovane clochard ha infatti già avuto vari impieghi: ha esperienza come muratore, si è dedicato al facchinaggio e ha lavorato anche nei calzaturifici. Il suo ultimo stipendio era di 800 euro. “Ho tirato e tirato – ha detto in riferimento al suo percorso con le agenzie interinali – ma alla lunga mi hanno mandato via”. E ha precisato: “Funziona così, hai il periodo di prova, il primo step, il secondo, il terzo, fin quando ti tocca il tempo indeterminato e ti salutano”.
Johnny, che non ha più neanche un telefonino, è solito chiedere le monete di resto a chi acquista dal distributore di sigarette. Al Corriere della Sera ha specificato che i gesti di solidarietà comunque non mancano: per esempio un ambulante del Bangladesh gli prende spesso una brioche per colazione, i lavoratori del McDonald’s gli premettono di andare in bagno, i poveri come lui gli danno una mano e il titolare di un ristorante della zona gli regala da mangiare.
L’igiene è uno degli aspetti più problematici, in quanto la lista d’attesa per le docce pubbliche è sempre lunga. “Ho addosso le stesse mutande da una settimana e le scarpe non le tolgo da un mese”, ha confessato. Il clochard preferisce dormire la sera e restare sveglio la notte, sia per motivi di freddo che di sicurezza. Solitamente riposa all’aperto, evitando i dormitori in cui c’è gente a suo parere poco affidabile.
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Il problema principale di Johnny è tuttavia quello relativo al lavoro: “Pulirei anche i cessi con le mani – ha spiegato – ma passo per uno non credibile e non riesco a fare neanche il lavapiatti”. Il suo sogno è quello di arrivare ad avere un lavoro stabile che gli possa garantire almeno un posto letto: “Mi basterebbe davvero poco, con venti euro ci campo pure quattro-cinque giorni”.