Il dramma di Marco Giallini, il tragico incidente in moto: “Capisco che sto morendo”, le impressioni prima dell’impatto.
In tanti lo amano per le sue interpretazioni al cinema e in televisione: lui è Marco Giallini, sicuramente l’attore italiano tra i più bravi della sua generazione. Nella sua vita, ci sono però stati due grandi traumi. Il primo riguarda la morte della moglie Loredana.
Il ricordo di quanto accaduto circa 10 anni fa è ancora vivo: “Ogni tanto mi spiace tornare a parlare di mia moglie che non c’è più, ma Loredana era con me da quando ero ragazzo, non la posso trattare in un altro modo”, ha affermato in un’intervista. Un ricordo che anche il suo ruolo nella serie tv Rocco Schiavone ha contribuito a far restare vivo.
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Infatti, come noto, il vicequestore romano ma trapiantato ad Aosta, nato dalla penna di Antonio Manzini e che Giallini interpreta in tv, parla con la moglie morta, che gli appare nei momenti più riservati e intimi del suo quotidiano. Nella vita di Marco Giallini, c’è anche un altro drammatico evento.
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Il gravissimo incidente in cui è rimasto coinvolto Marco Giallini
L’attore lo ha ricostruito in più occasioni, raccontando come a novembre 2007 fosse alla guida della sua moto. Nel giro di pochi istanti, vede una macchina sfiorare il paraurti di un camion e ribaltarsi. Lui prova ad evitarla, frena ma si rende conto che è troppo tardi: “Due secondi prima dell’impatto, capisco che sto morendo”.
Marco Giallini non muore, ma rischia davvero grosso: ha fratture su praticamente tutto il corpo, addirittura 50, secondo quanto racconterà successivamente. Peraltro, siamo a poche settimane dall’inizio delle riprese di Romanzo Criminale – La Serie, in cui doveva interpretare il personaggio del Terribile.
L’attore recupera in tre mesi, un tempo record, quando secondo i medici avrei dovuto metterci almeno un anno. Sul set di Romanzo criminale, ha raccontato l’attore, “ero pieno di antidolorifici e mi reggevo in piedi a stento. Avevo un corpo martoriato e ogni tanto, tra gambe, polso e braccia, mi si addormenta ancora tutto. La chiamano parestesia, ma ci vivo bene. Così bene che non ne potrei quasi fare a meno”.