Marta Russo, la vicenda della studentessa uccisa mentre passeggiava nella sede dell’Università la Sapienza
È stato uno dei casi più eclatanti e chiacchierati dalla seconda metà degli anni Novanta, ancora oggi molti nell’opinione pubblica ricordano quell’assassinio.
Il delitto di Marta Russo è stato uno dei casi di cronaca nera che ha tenuto incollati milioni di italiani al televisore. Come Cogne ed Erba, anche l’uccisione della giovane studentessa universitaria è stato per anni argomento di discussione per via all’ampia copertura mediatica.
Era la mattina del 9 maggio 1997 e Marta Russo, studentessa di legge di 22 anni, passeggia per il campus universitario con un’amica quando viene colpita da un proiettile vagante alla nuca. Muore dopo cinque giorni di agonia all’ospedale Umberto I.
Si presentano subito delle difficoltà nel caso: chi e perché avrebbe sparato? Si indaga nella vita della ragazza e si escludono vendette personali o fatti legati alla criminalità.
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Dopo sei anni arriva la sentenza definita della Cassazione: con l’accusa di omicidio colposo e l’aggravante della colpa cosciente vengono condannati due assistenti universitari, Giovanni Scattone a 5 anni e 4 mesi e Salvatore Ferraro a 4 anni e 2 mesi per favoreggiamento.
Ci sono altre due figure chiavi nella vicenda, Maria Chiara Lipari, una dottoranda, che indica i due, e una segretaria amministrativa dell’Università, Gabriella Alletto.
Anche quest’ultima fu indagata ma poi scagionata dall’accusa di favoreggiamento. All’epoca ci furono tante polemiche anche per come fu condotto l’interrogatorio in aula della Alletto in momento in cui non era indagata con atteggiamenti di dubbia liceità giuridica, quasi inquisitoriali.
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La donna ebba anche una crisi in aula e intevvenne anche la politica e l’allora premier Romano Prodi. Un caso che si è trascinato per anni sul quale sono stati realizzate inchieste giornlistiche, film e libri. Nonostante ci siano dei colpevoli e i loro nomi messi neri su bianco, della vicenda si parla ancora perché si ha sempre l’idea di incompiutezza, non giuridica, ma nella comprensione dei motivi.
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