Ecco le nuove politiche che Facebook adotterà per affrontare le molestie nei confronti di personaggi pubblici, ma non solo.
Facebook amplierà le sue attuali politiche sulle molestie per proteggere ulteriormente gli utenti da abusi e contenuti dannosi sulla piattaforma. Mercoledì 13 ottobre la società ha annunciato che vieterà i commenti degli utenti che degradano o sessualizzano personaggi pubblici come ad esempio: funzionari eletti, celebrità, attivisti e giornalisti. Questa nuova condotta dell’azienda sarà attuata anche per proteggere gli utenti ordinari.
Inoltre Facebook ha dichiarato: “Poiché ciò che è “indesiderato” può essere soggettivo, faremo affidamento su un contesto aggiuntivo dell’individuo che ha subito l’abuso per agire. Abbiamo apportato queste modifiche perché attacchi come questi possono degradare l’immagine di un personaggio pubblico”. In base alla sua nuova politica la piattaforma rimuoverà quindi anche le intimidazioni e le molestie di massa coordinate che provengono da più utenti.
Per combattere questi attacchi, la piattaforma di social media salvaguarderà tutti coloro che muovo proteste contro i governi. Ad esempio, Manal al-Sharif, una nota attivista che ha spinto affinché le donne potessero guidare in Arabia Saudita, ha dichiarato nel 2018 di aver dovuto cancellare Twitter e Facebook a causa delle molestie che ha subito da “folle filo-governative”.
L’informatore Frances Haugen ha testimoniato che la società alimenta la divisione tra gli utenti consentendo alla disinformazione sulla piattaforma di non essere controllata. Ha condiviso la sua opinione secondo cui gli algoritmi di Facebook potrebbero alimentare tensioni e alimentare la violenza etnica. Questo potrebbe succedere in particolare in Etiopia nell’area del Tigray, al nord del paese, dove si sta consumando una delle guerre civili più atroci del continente africano. Centinaia di migliaia di persone stanno affrontando la carestia a causa del conflitto tra il governo etiope e i ribelli del Tigray.
“La mia paura è che senza azione, i comportamenti divisivi ed estremisti che vediamo oggi siano solo l’inizio”, ha detto Haugen al Congresso. ” Quello che abbiamo visto in Myanmar e che stiamo vedendo ora in Etiopia sono solo i capitoli iniziali di una storia così terrificante che nessuno vuole leggerne la fine”.
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A proposito della questione Zecharias Zelalem, un giornalista che si occupa della regione e del suo conflitto, ha recentemente dichiarato a che “i manifestanti di spicco su Facebook avrebbero pubblicato post provocatori, e che avrebbero continuato a incitare alla violenza della folla, agli scontri etnici, alla repressione della stampa indipendente o alle voci esplicite”.