Condannato all’ergastolo il magnate statunitense Robert Durst per aver ucciso la sua amica Susan Berman: fu arrestato sei anni fa dopo una confessione involontaria durante un documentario Hbo.
Si conclude nel tribunale di Los Angeles con una condanna a vita senza libertà condizionale la lunga saga giudiziaria del magnate Robert Durst, considerato la “pecora nera” di una ricca dinastia immobiliare di New York, con un patrimonio di quasi 10 miliardi di dollari. Nato nel 1943, l’ergastolo è arrivato all’età di 78 anni: per circa metà della sua vita è sempre riuscito a sfuggire alla giustizia e se in California non ci fosse stata la moratoria sulla pena capitale avrebbe rischiato la condanna a morte.
Il magnate era presente in aula al momento della lettura della sentenza, seduto su una sedia a rotelle e con una mascherina di protezione. A causa dei suoi problemi di udito ha dovuto leggere su un tablet la trascrizione delle parole del giudice. L’ergastolo è stato inflitto dopo il verdetto di colpevolezza per l’omicidio della sua amica giornalista Susan Berman, uccisa in casa a Beverly Hills nel dicembre del 2000 con un colpo di pistola alla testa.
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Robert Durst, ergastolo per l’omicidio dell’amica: l’arresto dopo la confessione involontaria
I problemi del noto magnate statunitense iniziarono nel 1982 con l’improvvisa scomparsa della sua prima moglie, la 29enne studentessa di medicina Kathie McCormack. L’uomo denunciò la sparizione cinque giorni dopo e i familiari della ragazza sospettarono da subito di lui per la sua eccessiva possessività. Con l’aiuto di Susan Berman realizzò poi un’intervista per chiedere aiuto nel cercare la moglie, che tuttavia non fu mai ritrovata.
La giornalista lo aiutò a coprire le tracce della sua presunta colpevolezza: secondo gli investigatori sarebbe poi stata uccisa circa vent’anni dopo in seguito alla sua minaccia di raccontare tutto alla polizia. Durst tornò sotto i riflettori nel 2001, dopo che un pescatore trovò nella baia di Galveston, in Texas, un tronco umano che galleggiava in acqua. La polizia riuscì a risalire all’identità della vittima, un uomo di 71 anni di nome Morris Black, dopo aver recuperato altre parti del cadavere.
In poco tempo si scoprì che il suo vicino di casa era Robert Durst: interrogato, confessò di averlo ucciso e fatto a pezzi, sostenendo tuttavia di averlo fatto per difendersi da un’aggressione. Clamorosamente in tribunale arrivò l’assoluzione. In quel periodo il magnate era anche tra i sospettati per l’omicidio di Susan Berman, ma riuscì anche in quel caso a uscirne indenne. La svolta arrivò nel 2015, anno del suo arresto, arrivato dopo aver confessato involontariamente in un documentario Hbo di sei puntate a lui dedicato, intitolato “The Jinx”, di “averli ammazzati tutti” .
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Secondo i procuratori Robert Durst è stato vittima del suo “narcisimo da psicopatico”: senza seguire i consigli dei suoi avvocati, aveva infatti concesso la lunga intervista mostrando documenti privati e ricordi. Durante la serie-documentario aveva confessato le violenze verso la moglie Kathie, aveva rivelato di aver mentito agli investigatori e aveva anche tirato fuori una lettera scritta nel 1999 a Berman in cui si poteva leggere un indirizzo scritto male: Beverley anziché Beverly.
Proprio nel 2000, dopo l’omicidio della giornalista, la polizia aveva ricevuto una lettera anonima con la stessa calligrafia e il medesimo identico errore. La sua confessione involontaria fu poi trasmessa nell’ultimo episodio della serie: Durst disse ad alta voce mentre usciva dal bagno di essere l’autore degli omicidi, senza accorgersi di avere il microfono acceso. Per questo motivo venne trovato e arrestato a New Orleans, dove aveva preso una camera in affitto sotto falsa identità.
Adesso, dopo la condanna per l’omicidio di Susan Berman, potrebbe arrivare la svolta giudiziaria anche per il caso legato alla scomparsa di Kathy McKormack. La famiglia della vittima ha scritto di auspicarsi che possa presto essere fatta definitivamente giustizia.