L’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, è stato condannato a 13 anni e due mesi di carcere. Una sentenza inaspettata, che ha destato stupore nel paese. Lucano era stato sottoposto a indagine per via del suo modello di accoglienza pro-immigrati.
Domenico Lucano, detto Mimmo, è stato eletto per tre volte sindaco di Riace, comune che ha reso famoso per via del suo approccio nella gestione dell’accoglienza di immigrati e rifugiati politici. L’ex sindaco ha, infatti, rivitalizzato Riace con il suo modello di integrazione, usato come strumento per invertire contro lo spopolamento: circa 500 immigrati sono riusciti a stabilirsi nel piccolo comune di 1800 abitanti.
Nel 2017, Lucano si è ritrovato ad essere iscritto tra gli indagati dalla Procura di Locri in relazione alla gestione del sistema dell’accoglienza. L’ex sindaco è stato accusato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ai danni dello Stato e dell’Unione europea, concussione e abuso d’ufficio.
Mimmo Lucano: la condanna per il “modello di Riace”
Nel 2018, Lucano è stato messo agli arresti domiciliari, accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina – l’anno precedente aveva aiutato una donna nigeriana senza permesso di soggiorno e costretta alla prostituzione ad ottenere la cittadinanza italiana attraverso un matrimonio combinato – e illeciti nell’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti urbani a due cooperative locali, che facevano lavorare i migranti. Il giudice, in seguito, aveva dichiarato infondate le accuse di concussione, truffa allo stato e abuso d’ufficio.
L’arresto di Lucano era avvenuto una settimana dopo le misure anti-immigrazione di Salvini, all’epoca ministro dell’Interno. Tra queste erano compresi dei tagli ai fondi per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti.
Giovedì 30 settembre 2021, l’ex sindaco di Riace è stato condannato dal tribunale di Locri a 13 anni e due mesi di carcere. La sentenza è il doppio rispetto ai 7 anni e 11 mesi richiesti dai pm.
La condanna riguarda una serie di reati contro la pubblica amministrazione, la pubblica fede e il patrimonio: associazione per delinquere finalizzata a commettere un numero indeterminato di delitti, falso in atto pubblico e in certificato, abuso d’ufficio, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e peculato.
Lucano, in seguito alla sentenza, ha espresso il suo stupore e la sua delusione. “Ho passato la vita a rincorrere ideali, ho combattuto contro la mafia, mi sono schierato con gli ultimi, i profughi” – ha dichiarato – “oggi per me finisce tutto. Non c’è giustizia”. L’ex sindaco ha anche annunciato che farà appello contro la sua sentenza.
Condanna per Lucano: le reazioni
Salvini, che è sempre stato contrario alla politica pro-migranti di Lucano, ha esultato per la notizia della sua sentenza, pur facendo confusione tra reati. Ha infatti dichiarato che Lucano è stato condannato per ” associazione a delinquere finalizzato allo sfruttamento dell’immigrazione clandestina”.
Secondo Livio Pepino, ex giudice e membro del CSM riguardo l’arresto di Lucano, “si tratta di una sentenza inadeguata a descrivere quello che è accaduto”. Pepino non nega il fatto che Lucano sia responsabile per irregolarità amministrative: anche l’ex sindaco lo ha sempre ammesso, precisando che tali irregolarità avvenivano all’interno di un progetto di accoglienza. Se Lucano avesse seguito la burocrazia non sarebbe riuscito a realizzare il modello d’integrazione di Riace. Ciò che ha viziato il processo è l’ipotesi “che si trattasse di una organizzazione a delinquere, non di un progetto per far rinascere un paese e per accogliere”.
Pepino ha spiegato che questa pena, in Italia, viene data per omicidio. Per fare un paragone, Luca Traini (condannato per strage nel 2018 per il suo attentato razzista a Macerata) ha avuto una sentenza di 12 anni. La condanna di Lucano ha riscritto “in chiave criminale una storia positiva di accoglienza”.
Resta comunque la speranza per i successivi gradi di giudizio, la questione non è ancora chiusa e potrebbe esserci la possibilità di ribaltare il verdetto. Per il sistema giudiziario italiano, infatti, nessuno è colpevole fino a sentenza passata in giudicato e nella storia della giustizia italiana esistono molti casi di sentenza ribaltate da Appello e Cassazione.