Il rincaro delle bollette ha fatto sorgere dei dubbi e in molti hanno puntato il dito contro la transizione energetica. In realtà, dietro l’alzamento dei costi dell’energia, si cela un problema molto più ampio: le riserve di gas naturale in Europa sono ai loro minimi storici dal 2013, come spiega Il Post citando il Wall Street Journal. La crisi è stata inoltre agevolata da una rapida ripresa industriale post-pandemica.
L’innalzamento del costo dell’energia è ormai un qualcosa di molto conosciuto in Europa e il rialzo potrebbe sconfinare ancora nei prossimi mesi, con l’arrivo dell’inverno. Molti considerano l’aumento dei costi come conseguenza della transizione energetica ma, in realtà, il motivo risiede perlopiù nel rincaro del gas per e nella sua scarsa disponibilità. In Europa, fortunatamente, sono diverse le possibilità di produzione energetica, dall’eolico al solare, e questo smorza di per sé il rincaro dei costi di importazione di altre fonti di energia – ma rimane comunque il fatto che il gas sia sul podio delle risorse più utilizzate per la produzione di energia – soprattutto in alcune zone europee. Questo è il caso dell’Italia, uno dei Paesi con il maggiore tasso di importazione di gas.
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Anche se in generale i costi per la manutenzione e il mantenimento dei gasdotti sono relativamente bassi – ma anche la variazione della loro capacità produttiva e di trasporto, la mancanza di gas è, ad oggi, il problema principale della crisi energetica. La prima parte del 2021 ha provocato un grande richiamo di gas, dovuto alle basse temperature del primo trimestre – che ha costretto a sfruttare le riserve. Al momento le riserve di gas naturale sono ai limiti storici dal 2013, come spiega il Wall Street Journal – i Paesi europei hanno ricevuto qualcosa come il 25% di gas in meno rispetto allo scorso anno. La ripresa delle attività ha poi evidenziato questo problema, in un certo modo arginato da altre riserve e richieste di importazione fuori stagione.
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La riduzione delle estrazioni da parte di Gran Bretagna e Paesi Bassi, come spiega Il Post, hanno contribuito alla riduzione di gas da importare, La Russia ha invece potenziato i flussi nei confronti della Cina e del continente Asiatico in generale, riducendo invece il flusso dai gasdotti bielorussi e ucraini. Seppur l’Unione Europea abbia richiesto agli Stati membri di non sostituire la mancanza di gas con altre risorse ancor più inquinanti, la difficoltà per molti Paesi è tangibile. L’Italia è ad esempio uno degli Stati che più di tutti ha risentito del flusso ridotto di gas: il governo potrebbe immettere una formula di 4,5 miliardi per sostenere le famiglie durante l’aumento delle bollette, ma l’ipotesi rimane ancora aperta. La Norvegia invece, il principale fornitore di gas dell’Unione Europea, sembra esser pronta per aumentare il flusso di gas verso i Paesi membri dell’Ue.