Il leader politico dei talebani, Abdul Ghani Baradar, dopo la presa di Kabul si appresta a guidare la transizione dell’Afghanistan nel nuovo Emirato Islamico. Arrestato dieci anni fa in Pakistan e poi liberato su richiesta degli Stati Uniti, già negli anni Novanta era stato tra gli artefici della vittoria sui sovietici.
Gli occhi del mondo sono ormai da giorni puntati su quanto sta accadendo in Afghanistan dopo il ritiro dell’esercito americano e della Nato. Quella che secondo le aspettative degli Stati Uniti sarebbe dovuta essere una lenta e graduale avanzata dei talebani, si è alla fine rivelata una rapida conquista del Paese senza alcun ostacolo da parte delle truppe locali. “Non abbiamo potuto trasmettergli la volontà di combattere per il loro futuro”, ha ammesso il presidente Usa Joe Biden.
La caduta della capitale dell’Afghanistan Kabul, arrivata dopo la fuga del presidente Mohammad Ashraf Ghani Ahmadzai, ha sancito ufficialmente il ritorno al potere degli “studenti coranici”, dando il via a una preoccupante migrazione della popolazione con annessi disordini e morti. Tra gli artefici del successo dei talebani c’è il loro leader politico, Abdul Ghani Baradar, che adesso guiderà la transizione verso il nuovo Emirato Islamico dell’Afghanistan.
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Abdual Ghani Baradar, cosa sapere del leader dei talebani
Nato nel 1968 nel sud dell’Afghanistan, l’attuale capo degli “studenti del Corano” si trovava incarcerato in Pakistan fino a due anni fa, ossia fino a quando gli Stati Uniti presieduti da Donald Trump chiesero e ottennero la sua liberazione per consentirgli di partecipare ai negoziati di pace a Doha, in Qatar. Accordi che negli ultimi giorni si sono rivelati determinanti per la conquista del Paese: probabilmente nessuno si aspettava che il combattente islamico sarebbe poi arrivato al potere dopo i 20 anni di “protettorato” dell’Occidente.
Abdul Ghani Baradar negli anni Novanta aveva già guidato la prima vittoria talebana dopo la caduta dei sovietici. Lui stesso, insieme al suo presunto cognato mullah Mohammad Omar, aveva contribuito a fondare il movimento fondamentalista coranico. Il 1996 sancì per l’Afghanistan l’inizio del regime “oscurantista”, costruito sulla scia dei principi islamici più letterali e tradizionali. I talebani rimasero alla guida del Paese fino al 2001, quando dopo l’attentato alle Torri Gemelle venne dichiarata guerra dagli Stati Uniti e dalla coalizione occidentale.
Il movimento di Mohammad Omar fu accusato di collaborare con i terroristi di Al Qaeda comandati da Osama Bin Laden, il quale proprio nel Paese afghano avrebbe trovato rifugio. In seguito allo scoppio del conflitto, Abdul Ghani Baradar fuggì assumendo il comando militare dell’organizzazione dei talebani in esilio e per diversi anni fece perdere le sue tracce. Nel 2010 venne poi intercettato dalla Cia a Karachi, in Pakistan, e arrestato con la collaborazione dei servizi segreti pakistani, restando chiuso in carcere per circa otto anni.
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Durante il lungo periodo di esilio dall’Afghanistan, Baradar è riuscito a mantenere la leadership del movimento talebano arrivando ad assumere la carica di capo politico dopo la scarcerazione. È stato proprio lui a portare avanti lo scorso anno i negoziati in Qatar con gli americani, incontrando anche l’ex segretario di Stato Mike Pompeo. Gli accordi hanno sancito il ritiro definitivo degli eserciti stranieri dall’Afghanistan in cambio di garanzie di sicurezza da parte dei militanti islamici. La trattativa però, come dimostrato dai recenti avvenimenti, non ha fatto altro che spianare la strada ai talebani per la riconquista del territorio.
Mullah Baradar with his political watch the #Taliban ceremony at presidential palace in #kabul pic.twitter.com/DdPM4uLXEX
— Ramiz (@RamizReports) August 15, 2021