Le indagini sull’omicidio di Salvatore Lupo, ucciso in un bar di Favara con almeno due colpi di pistola, si stanno concentrando su dissidi familiari ed economici. Il delitto sarebbe stato pianificato.
Proseguono senza sosta le indagini per risalire all’identità dell’assassino di Salvatore Lupo, ex presidente del consiglio comunale di Favara ucciso in un bar del paese nel giorno di Ferragosto. L’uomo era appena uscito dal bagno del locale, lo Snack American Bar di via IV Novembre, quando improvvisamente è stato freddato da almeno due colpi di pistola. L’omicidio si è consumato sotto gli occhi del barista, rimasto poi sotto choc. A uccidere Lupo, che aveva 45 anni, sarebbe stata una sola persona che, secondo le indiscrezioni, avrebbe agito a volto scoperto.
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Favara, omicidio di Salvatore Lupo: indagini sulla famiglia
Al vaglio dei carabinieri della compagnia di Favara e di Agrigento ci sono le immagini dei sistemi di videosorveglianza presenti nella zona in cui si è consumato l’omicidio a sangue freddo. Il barista, come riportato dal Giornale di Sicilia, non avrebbe saputo indicare agli inquirenti alcun elemento utile per risalire all’identità del killer. La dinamica dell’assassinio fa propendere i militari dell’Arma impegnati negli accertamenti a un omicidio premeditato e pianificato.
Le indagini sono state nelle ultime ore indirizzate verso la vita, la famiglia e i rapporti personali di Salvatore Lupo che, secondo quanto emerso, era in dissidi e contrasti economici proprio in ambito familiare. Il 45enne aveva assunto la carica di presidente del consiglio comunale di Favara nel 2015 dopo essere stato eletto quattro anni prima in liste civiche del centrodestra ed era imprenditore nel settore delle residenze per gli anziani.
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La vittima era nota in paese anche per le sue vicende in tribunale. Lo scorso maggio era stato rinviato a giudizio nell’ambito di un’inchiesta sulla comunità alloggio di Licata, in cui gli ospiti avrebbero subito maltrattamenti fisici e psicologici. Nel 2017 era invece stato arrestato insieme alla moglie nell’operazione denominata “Stipendi spezzati”, con l’accusa di aver prelevato parte degli stipendi di circa 20 dipendenti di una cooperativa sociale da lui stesso amministrata.