Il grande impatto del riscaldamento globale è ormai percettibile ad occhio nudo e, a soffrirne maggiormente sono i contesti artici e antartici. Gli studiosi lanciano adesso l’allarme sull’instabilità della circolazione oceanica, fondamentale per l’ecosistema terreste.
Il rallentamento delle correnti potrebbe essere letale per l’equilibro terreste e, soprattutto per il controllo delle temperature nell’emisfero settentrionale: proprio su questo punto, come riporta la CNN, gli scienziati lanciano l’allarme e definiscono le conseguenze come frutto dell’aggressività dell’uomo sull’ambiente che hanno agevolato la corsa del cambiamento climatico. Lo studio citato dalla CNN è stato pubblicato su Nature and Climate Change e gli studiosi hanno spiegato che l’instabilità del capovolgimento meridionale della circolazione atlantica è quasi completa e che, l’intero sistema potrebbe arrivare al collasso, anche se, la soglia di tale avvenimento è ancora imprevedibile.
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La circolazione oceanica debole non è una novità per molti scienziati – che negli anni hanno illustrano gli effetti devastanti delle piogge e dello scioglimento delle calotte glaciali che hanno reso l’acqua meno salata e i ghiacciai esposti, sempre di più, al rischio di un collasso. Anche il meteo globale è fortemente influenzato da questo processo e le conseguenze saranno sempre di più afferrabili anche nelle zone più verdi del nostro pianeta, come la foresta amazzonica, già alle prese con un collasso e una devastazione che ha ridotto pesantemente la capacità produttiva di ossigeno e la protezione degli ecosistemi circostanti.
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Gli scienziati, studiando le temperature e la salinità dell’atlantico settentrionale degli ultimi 150 anni, hanno registrato come causa principale il riscaldamento globale, fulcro della instabilità del processo circolatorio. Uno degli autori dello studio ha spiegato alla stessa CNN “l’AMOC si è spostato verso la soglia critica, punto in cui potrebbe collassare”. Il collasso potrebbe portare ad un raffreddamento anche in Europa e significherebbe la distruzione dell’habitat – ma gli effetti potrebbero provocare anche estrema siccità in i Sud America, Africa occidentale e India. L’unico tentativo di frenare perlomeno il processo è quello di ridurre le emissioni di CO2 nel globo.