E’ morto lo scrittore e politico Antonio Pennacchi, vincitore del premio Strega con il libro “Canale Mussolini” e di una vita passata nel socialismo.
“C’è tutto il bene e tutto il male del mondo in ognuno di noi, e la storia ci insegna a governarli”, così scriveva Antonio Pennacchi, che ci ha lasciato oggi, 3 luglio 2021. L’uomo era noto per essere uno scrittore italiano e appassionato di politica. Si spegne oggi all’età di 71 anni nella sua casa a Latina. La causa del decesso sarebbe stato un malore che ha colpito l’uomo mentre si trovava al telefono con la moglie. Quando Pennacchi all’improvviso smette di parlare la donna si preoccupa e chiama i soccorso. Purtroppo quando l’ambulanza è arrivata sul posto e hanno provato a rianimarlo, per l’artista era ormai troppo tardi. Si ipotizza che Antonio Pennacchi sia morto per un infarto.
A porre il loro cordoglio sono in prima battuta i suoi concittadini, a parlare è Damiano Coletta, sindaco di Latina, il quale porge le condoglianze alla famiglia e ricorda l’uomo come una vera e propria icona della città, un patrimonio, e tutti i latinensi oggi gliene rendono giustamente merito. Ad omaggiare Pennacchi è anche Nicola Zingaretti che in un post sul suo profilo Twitter annovera l’autore come “un grande scrittore, un intellettuale libero, schietto e irriverente. Ha raccontato con grande passione un pezzo della nostra terra e della nostra storia”.
Antonio Pennacchinasce nel 1950 è viene da sempre ricordato dai suoi scritti, come il suo primo libro “Mammut” uscito nel 1995, e poi “Il fasciocomunista“, da cui è tradotto il film “Mio fratello è figlio unico” con Elio Germano e Riccardo Scamarcio nel 2007, e prima ancora una canzone di Rino Gaetano nel 1976. E infine vince il Premio Strega con il capolavoro “Canale Mussolini“. Lo scritto parla della famiglia Peruzzi, delle persone semplici, che fanno gli agricoltori che dalla Pianura Padana, ma sono costretti un giorno a trasferirsi nel centro Italia per la bonifica delle Paludi Pontine imposta da Mussolini.
Il grande romanzo di Pennacchi narra quindi le vicende della famiglia nel nord Italia, le proteste, l’avvicinamento al socialismo e poi al fascismo, al quale poi tutta la famiglia resta legata. I personaggi sono tantissimi, dalla testa calda zio Pericle a zio Adelchi, poco desideroso di lavorare nei campi.
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Per lo scrittore infatti è molto sentito il tema della politica, tanto che da giovani si iscrisse al Movimento Socialista Italiano, da cui però venne espulso per aver partecipato a una manifestazione contro la guerra in Vietnam. In seguito ha aderito al gruppo marxista-leninista chiamato “Servire il Popolo”, per poi passare al Psi, alla Cgil, alla Uil, al Pci.
Anche alla Cgil però è stato espulso, così dal 1983 lavora per trent’anni come operaio. Durante un periodo di cassa integrazione si è rimesso a studiare, prendendo la laurea in lettere.
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