La prima fase di sperimentazione dell’anticorpo monoclonale italiano mostra come tutte le varianti del Covid-19 possano essere neutralizzate: per gli ulteriori test mancano però al momento finanziamenti e volontari.
I test sperimentali non sono ancora terminati ma, dai risultati della prima fase clinica, l’anticorpo monoclonale italiano di seconda generazione lascia ben sperare per la lotta contro tutte le varianti del Covid-19. La notizia arriva dalla “Giornata del Ricercatore” che si è svolta presso l’Ics Mauferi di Pavia, con il confronto tra esperti scienziati sulle tematiche relative al coronavirus Sars-CoV-2. Il direttore scientifico e responsabile Ricerca e Sviluppo di GlaxoSmithKline, Rino Rappuoli, è intervenuto per spiegare i dettagli della sperimentazione dell’anticorpo monoclonale.
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Gli anticorpi monoclonali vengono prodotti in laboratorio e sono forme semi-sintetiche di anticorpi già presenti nel nostro organismo, che se ne serve per avviare la risposta immunitaria nell’eventualità dell’attacco di agenti patogeni, come virus e batteri. Legandosi a questi, riescono a neutralizzare la loro infezione. E, come sostenuto da Rappuoli, l’anticorpo monoclonale italiano attualmente in fase di studio risulta essere efficace contro tutte le varianti del Covid-19. “Viene somministrato tramite iniezione e non più con endovenosa, anche a casa del paziente o in un ambulatorio medico, a un prezzo più contenuto”, ha precisato il direttore scientifico di GlaxoSmithKline.
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I risultati attuali si riferiscono tuttavia solo alla prima fase della sperimentazione e le tempistiche per completare le ultime due fasi cliniche sono ancora incerte, poiché sono necessari sia ulteriori finanziamenti che nuovi candidati volontari. Come spiegato da Rappuoli, il programma prevede che il test venga effettuato su 800 persone che hanno registrato tampone positivo. Lo studio è partito a maggio e finora sono state reclutate soltanto un centinaio di persone. “Speriamo che la campagna di informazione produca risultati efficaci, altrimenti dovremo continuare il lavoro all’estero”, ha precisato lo scienziato dell’anticorpo monoclonale “made in Italy”. E per quanto riguarda i finanziamenti, il suo auspicio è che con i fondi del Pnrr vengano fatti gli investimenti adeguati per avere laboratori competitivi a livello internazionale.
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