Simonetta Matone è la giudice che da sempre difende donne e bambini, insieme a Enrico Michetti è stata scelta per il Comune di Roma.
Il centrodestra ha trovato nel giudice il candidato ideale per essere vicesindaco a Roma, l’avvocato Enrico Michetti è candidato sindaco alla Capitale, mentre il magistrato donna, aveva fatto parlare di sé durante le regionali del 2018.
La decisione è stata presa nel corso di una riunione tra Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani. La magistrata dal 2018 ricopre il ruolo di Sostituto Procuratore Generale alla Corte d’Appello di Roma.
Ha 3 figli, due ragazze sono state concepite nel primo matrimonio, mentre il terzo è un maschio avuto con l’unione del secondo marito, il giornalista Emilio Albertario.
La magistrata si laurea in Giurisprudenza proprio all’Università la Sapienza, nel 1976. Mentre dal 1979 al 1981 dirigerà il carcere Le Murate a Firenze, dove ci saranno tutti i capi di “Prima Linea” arrestati durante gli anni.
Dal 1981 al 1982 diventa giudice presso il Tribunale di Lecco, mentre diventerà magistrato di sorveglianza alla Corte d’Appello di Roma dal 1983 al 1986.
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Simonetta Matone, organizza il primo convegno nazionale sulla detenzione italiana
Durante il convegno mostrerà Antigone di Sofocle, infatti il teatro da sempre è stata una delle sue passioni. Durante i suoi anni lavorativi concederà più di 900 permessi con un rientro di solo 9 persone.
Durante gli anni ’80 concedeva permessi ai detenuti che li chiedevano, questo le è andato bene, proprio perché solo in 9 sono tornati in carcere. Inoltre è riuscita a mettere in cella ergastolani e criminali che sono stati condannati a 24 anni.
Nel corso della sua carriera ha anche lavorato per processi importanti, come quello che ha fatto luce sulla schiavitù dei minori rom, o quello a carico dei naziskin che hanno aggredito degli extracomunitari.
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Nel Tribunale per minorenni di Roma, ha lavorato come sostituto procuratore, qui assiste a casi di abusi, sofferenze e violenze. Questi fascicoli raccontano le storie di famiglie malate, infatti da sempre la giudice non ha mai raccontato nulla ai suoi figli per non contaminare il loro giudizio.
Una delle storie più orribili che gestito è stata quella di una madre che sorteggiava i numeri della tombola per stabilire quante frustrate, bruciature, scottature d’acqua bollente fosse giusto infliggere ai suoi figli.
Le storie a buon fine, le quali hanno ridato un futuro ai ragazzi, si possono notare dai tanti mazzi di fiori che sono la vera e propria carica che le permette di andare avanti nonostante lo sconforto incontrato nelle corti d’appello.