Sono stati assolti moglie, figlio e alcuni parenti di Nicola Colloca, trovato carbonizzato nel 2010 a Pizzo, in Calabria, per i magistrati è stato un suicidio.
La storia di Nicola Colloca, ci riporta nel 2010, precisamente nella notte tra il 25 e il 26 settembre. L’infermiere di 49 anni viene ritrovato carbonizzato nella macchina della moglie, un’Opel Corsa, in una pineta tra Maierato e Pizzo, in provincia di Vibo Valentia. Il primo pensiero degli inquirenti fu un omicidio, ma il gup (giudice dell’udienza preliminare) di Vibo Valentia chiude il caso come suicidio.
Anche l’accusa aveva chiesto l’assoluzione dei sette imputati, vale a dire la moglie di Nicola, Caterina Gentile, Luciano Colloca, il figlio, e poi i cognati dell’infermiere. Uno dei motivi per cui gli inquirenti hanno pensato ad un omicidio da parte di un parente era per la cospicua eredità della vittima. Infatti Nicola Colloca era un uomo parsimonioso, e nella sua carriera da infermiere era riuscito a mettere da parte circa 200mila euro.
Molti dei colleghi di lavoro parlano di lui come un uomo “normalissimo” e parsimonioso. L’unico tratto della personalità che spiccava era il suo attaccamento al denaro, e questo “lo portava a mantenere un tenore di vita modesto per sé e per i familiari”, scrivono gli inquirenti nella richiesta di misura cautelare.
I familiari dunque sono stati accusati di concorso in omicidio e distruzione di cadavere. Mentre per la moglie e il figlio le accuse erano maggiori, infatti oltre all’omicidio gli si contesta la premeditazione del delitto, e di aver agito contro un familiare.
I sette furono indagati dopo alcune azioni investigative condotte dai carabinieri della Procura di Viterbo nel 2017. Fu però rifiutata la richiesta avanzata dalla Procura e dalla parte civile di rinnovazione di un’altra perizia medica. In particolare, il professore Pietro Tarsitano, direttore del reparto di Medicina legale dell’ospedale Cardarelli e docente dell’Università di Napoli, aveva stabilito che il caso di Nicola Colloca poteva essere archiviato come suicidio.
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Dunque il motivo della decisione del giudice è che il fatto non sussiste, né per la moglie, né il figlio, né per altri parenti della vittima che furono indagati.