Importante rivelazione del fidanzato di Sara Pedri, la ginecologa scomparsa dall’inizio di marzo: “La sera prima della sua scomparsa mi disse che si era dimessa”
Non si fermano le ricerche di Sara Pedri, la giovane ginecologa di cui non si hanno più notizie dagli inizi di marzo. Sul caso della 31enne, originaria di Forlì e trasferitasi pochi giorni prima della sua scomparsa all’ospedale di Cles, la Procura della Repubblica di Trento ha aperto un fascicolo, il Modello 45, il registro dove vengono iscritte le notizie che non configurano un reato.
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Come è noto, la famiglia di Sara Pedri ha attribuito la sparizione della loro congiunta a una forte crisi innescata dalle condizioni di lavoro, al limite del mobbing, nel reparto di ginecologia del Santa Chiara tanto che i vertici dell’Azienda Sanitaria di competenza hanno dato mandato a una commissione interna di svolgere un’indagine assicurando che saranno ascoltati tutti gli operatori del reparto.
Sara Pedri, il fidanzato: “Mi disse che si era dimessa dall’ospedale e che si sentiva sollevata da un peso”
Finora è stata ritrovata, il 4 marzo a Mostizzolo, comune di Cis al confine con quello di Cles, solo l’autovettura di Sara: all’interno c’era il suo cellulare ma della giovane ginecologa neanche l’ombra. Frattanto, dalle colonne del “Corriere della Sera”, il fidanzato di Sara, da Cosenza dove lavora, l’ultimo ad aver parlato con lei, ha ricordato ciò che Sara gli ha confessato nella loro ultima conversazione telefonica la sera prima della sua scomparsa: “Come ogni giorno, prima di andare a letto, le ho telefonato. Mi disse che si era dimessa dall’ospedale e che si sentiva sollevata da un peso. Era da un po’ che aveva questo peso, un forte stress dovuto al lavoro. Stava vivendo un periodo molto difficile ed era strano per lei, sempre così piena di vita, sempre a tremila”.
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Il Corriere della Sera, inoltre, riferisce che quella fatidica sera anche la sorella di Sara, Manuela, ha ricevuto una telefonata in cui la giovane dottoressa le comunicava, visto l’ambiente “tossico” in cui era costretta a lavorare, di essersi dimessa dall’ospedale “Santa Chiara”.