Perché Eriksen non può più giocare in Italia: parla l’esperto. Per il giocatore danese la carriera potrebbe essersi chiusa il 12 giugno scorso
Christian Eriksen ed il calcio. Una passione che si trasforma nella professione più bella del mondo. Tante, tante partite con squadre di club diverse, in campionati diversi, la gioia e l’orgoglio di vestire la maglia della nazionale del tuo paese. L’emozione di partecipare alla competizione europea più importante per squadre nazionali e la voglia di essere subito protagonista, giocando una grande partita d’esordio.
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Inizia la partita, l’emozione si trasforma in adrenalina pura. Corri, scatti, cadi e ti rialzi e poi…il crollo in terra. Il cuore sembra non ce la faccia più a battere, la vita sembra salutarti su un prato verde. Immobile in terra, mentre qualcuno o qualcosa sta realizzando qualcosa che assomiglia ad un miracolo, tra compagni di squadra che piangono e milioni di tifosi da casa con il fiato sospeso con la paura soltanto di pensare a quello che potrebbe accadere in campo.
Dall’ospedale giungono finalmente buone notizie
Passano minuti infiniti, poi il comunicato della federazione calcio danese che informa tutti che Christian Eriksen è consapevole in ospedale e che il peggio, forse, sembra essere passato. Passa qualche giorno, le condizioni del calciatore danese, ma costantemente, si stabilizzano. Ma ora molti si pongono la domanda, primo fra tutti il diretto interessato: Christian Eriksen potrà tornare a calcare un terreno di gioco, da giocatore professionista?
La risposta ci giunge direttamente da Lucio Mos, 66 anni, medico friulano e presidente dal 2019 della Società italiana di cardiologia dello sport, intervistato da ilfattoquotidiano.it. La sua risposta è chiara, netta, inequivocabile. Per il medico friulano Christian Eriksen il 12 giugno scorso ha giocato la sua ultima partita. “È del tutto impossibile tornare a giocare con un impianto antitachicardico addosso. In quella condizione, secondo i nostri protocolli, al massimo si può giocare a scacchi, a biliardo”.
Il defibrillatore sottocutaneo installato ad Eriksen
Al calciatore danese, come comunicato dalla stessa federazione, è stato installato un defibrillatore sottocutaneo che registra l’attività del cuore. “Questo apparecchio, prosegue il Dott. Mos, se riconosce un’aritmia cardiaca emette in automatico impulsi elettrici capaci di bloccarla. Se i medici danesi hanno deciso di impiantarlo, significa che sono arrivatia una diagnosi di aritmia o quantomeno che la probabile . D’altra parte il giocatore è stato defibrillato già in campo, il che mi aveva fatto ipotizzare che la causa del malessere fosse una fibrillazione ventricolare”.
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Un tale tipo di applicazione vale per l’intera vita, per cui Eriksen dovrà giocoforza conviverci. Alla domanda diretta perché Eriksen non può più giocare in Italia, la risposta del medico è precisa: “Perché lo escludono i protocolli cardiologici per l’idoneità allo sport agonistico, in vigore 2017, messi a punto dalla nostra società scientifica in collaborazione con le altre federazioni di settore”.
“Le uniche attività fisiche consentite ai portatori di Icd sono quelle a bassissima intensità: parliamo degli scacchi, del biliardo, al massimo del golf. Il calcio è uno sport che comprende contrasti fisici e possibili traumi che metterebbero a rischio l’integrità del dispositivo, ad esempio rompendo gli elettrocateteri inseriti nel sistema venoso”. La speranza del Dott. Mos è che Eriksen non ipotizzi di giocare in campionati dove non vi sono norme così rigide come in Italia. Potrebbe essere un errore fatale per la sua stessa vita.
La morte lo ha già sfiorato una volta, sarebbe un suicidio provocarla ancora.