La vita di Catia Porri: ex bambina fantasma in Svizzera, la sua storia è davvero incredibile, cosa è accaduto.
La storia personale di Catia Porri, che oggi è una donna di settant’anni, è quella di una ex bambina fantasma nella Svizzera degli anni Sessanta. Nata a Soffiano, in provincia di Firenze, vive con il padre, artigiano e saldatore, e la madre nella casa del nonno materno. Figlia unica, si trova ad affrontare insieme ai genitori dei momenti difficili, soprattutto dal punto di vista lavorativo, per il padre.
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Si trasferisce così con la famiglia a Zurigo, dove già si trovano alcuni parenti, in particolare una zia della ragazza. Il padre è il primo ad arrivare a Zurigo, nella primavera del 1962. Quando poi arrivano mamma e figlia, per la bambina inizia quella che viene definita “una stagione nell’armadio”. Veniva nascosta in casa perché immigrata senza documenti, non solo. I genitori avevano paura che i vicini di casa potessero essere dei delatori.
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In un’intervista, la donna ha raccontato: “Non osavo muovermi e passavo le giornate sdraiata sul letto a leggere e guardar per aria con la speranza che il tempo passasse in fretta. Dalla paura che avevo, non usavo nemmeno le stoviglie per mangiare, per non fare rumore”. La storia di Catia Porri, costretta a vivere nascosta a causa delle leggi sull’immigrazione in Svizzera, non è un caso isolato. Alcuni dati parlano di 15mila bambini nelle sue stesse condizioni. Ancora negli anni Novanta, erano diverse migliaia i piccoli “sans-papiers” del Paese a un passo dall’Italia e dove le regole sull’immigrazione sono sempre state ricche di contraddizioni.
Nel 1971, giovanissima, Catia Porri si sposa con uno svizzero e poco dopo ottiene la cittadinanza elvetica. Inizia a fare la fotografa e a lavorare in tv come reporter. È attualmente parte dell’associazione “Tesoro”, che affianca i lavoratori stagionali e ne difende i diritti e si batte anche per i diritti delle donne. “Se mi volto indietro, provo a spolverare i ricordi, ritorno a quando finalmente mio padre riuscì ad avere il permesso di dimora, e io che allora avevo 12 anni venni finalmente iscritta a scuola, in prima media” – ricorda oggi Catia Porri – “E fu un altro shock, perché non conoscevo il tedesco, non c’erano dei corsi come adesso. Venivo giudicata, esaminata, e dovevo correre. Dovevo impegnarmi il doppio per stare al passo con i programmi”.
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