A private war, è una pellicola presentata al concorso della 13° festa del Cinema a Roma e al TIFF18, il film ripercorre gli ultimi anni di vita di Marie Colvin.
La protagonista è una giornalista americana, naturalizzata britannica la quale è caporedattore del Sunday Times, impegnata dal 1985 al 2012 a raccontare sempre le terribili conseguenze della guerra sui civili indifesi.
Matthew Heineman è stato il candidato all’Oscar del 2016 per Cartel Land, ha scelto proprio Rosamund Pike, per riuscire ad interpretare la coraggiosa reporter uccisa nel 2012 dalle bombe dell’esercito siriano, durante la battaglia di Homs dove morirono centinaia di innocenti.
Al fianco della protagonista c’è Jamier Dornan, interpreterà il ruolo di Paul Conroy un fotoreporter e miglior amico di Marie Colvin, il quale è sopravvissuto all’attacco che costo la vita alla sua compagna.
L’intera pellicola è ispirata all’articolo di Marie Brenner su Vaniti Fair del 2012, intitolato “Marie Colvin’s Private War”, questo è un lungometraggio che racconta i 10 anni di storia del giornalismo internazionale.
Il suo approccio cerca di sensibilizzare la bontà d’animo e la dedizione al proprio lavoro, questo andrà a cozzare con la solita narrazione storico-sociale alla quale siamo abituati sui giornali.
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A Private War, l’attenzione e l’intera pellicola è incentrata su Marie Colvin
Una donna dall’animo sensibile e dalla penna sincera, la quale diventerà assuefatta al lavoro sui campi di battaglia, tanto da esserne dipendente, questo purtroppo le costerà la vita.
Lavorerà al Sunday Times alla veneranda età di 50 anni, la sua vita è stata dedicata completamente alla sua professione, su questo ha costruito una carriera magnifica, cercando di sfidare i leader e i dittatori sul terreno delle loro guerre.
La giornalista è a conoscenza dei grandi rischi che corre partendo per lo Sri Lanka, in questo luogo si sta combattendo una guerra civile tra le Tigri Tamil e l’esercito singalese, in questo campo nessun media si occupa di narrare cosa sta realmente accadendo.
La donna armata di taccuino e penna racconterà al mondo la realtà spaventosa che la circonda, dove migliaia di uomini, donne e bambini soccombono sia per fame che per le malattie, lei diventerà la prima giornalista straniera ad entrare nel paese.
Il prezzo da pagare è molto alto, la donna perderà un occhio al fronte, dopo esser stata colpita da una scheggia. Le conseguenze psicologiche e fisiche saranno devastanti per la donna, infatti deciderà di continuare il suo lavoro sul campo cercando di narrare gli orrori di Saddam Hussein in Iraq.
Marie è sempre stata lucida nel raccontare la guerra proprio dal lato di chi subisce direttamente, ascoltando e mettendo in luce le parole dei civili indifesi.
Nei suoi 30 ani di lavoro la donna era molto segnata dagli orrori che ha dovuto vedere sui campi di battaglie, ormai era depressa, allo stesso tempo ha cercando di portare avanti la sua vocazione a qualsiasi costo.
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Conosce il suo compagno Stanley Tucci, con lui avrà la possibilità di avere una vita più facile e serena
Poteva allontanarsi dai campi di battaglia, ma la giornalista decise di tornare in Medio Oriente, proprio per raccontare la guerra civile siriana, la quale sin dal 2011 sino ad oggi continua a macinare vittime.
Prima di essere uccisa, Marie lanciò in diretta un messaggio chiaro a tutto il mondo, le sue ultime parole sono un appello per cercare di terminare l’attacco disgustoso contro 28.000 persone infreddolite ed impaurite.
La pellicola grazie alle tecniche del reportage ha indagato a fondo sulla vita e soprattutto sull’anima della giornalista che è riuscita a raccontare la vita di tutti coloro che sono sotto assedio, cercando di preservare un lavoro dai rischi molto alti.
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Marie Colvin era anche piena di debolezze, la sua vita privata era a pezzi e la sua psiche era distrutta da tutti gli orrori visti e vissuti sulla pelle, la sua dedizione l’ha resa incosciente, ma allo stesso tempo il suo stile è stato inconfondibile per tutti.
La sua benda da pirata sull’occhio ha incarnato il tipico ideale di giornalismo che ormai negli anni si stava perdendo a favore di un approccio più lavativo e meno interessato.
Il lavoro del regista Heineman è stato quello di portare a galla l’esempio che il giornalista deve essere per il suo lavoro, deve raccontare la verità per poi indagare e narrare come avvengono i fatti.
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Allontanandosi dalla scrivania, e dirigendosi sui luoghi, il giornalista riesce a riportare le notizie in modo accurato, proprio perché le ha vissute sulla sua pelle.
Rosamund Pike ha avuto un’interpretazione impeccabile, il modo in cui riesce a riprodurre la voce della protagonista è mozzafiato. Il film non delude affatto le aspettative, cercando di mantenere il giusto equilibrio tra narrazione e reportage.
In questo modo viene rispettata la figura di Marie Colvin, cercando di aggiungere degli elementi di finzione che serviranno poi a legare tutta la storia della grande giornalista, mossa dalla sua passione e dedizione per il suo lavoro.