L’omicidio di Serena Mollicone, dopo 20 anni inizia il processo. La ricerca infinita della verità.
Sembrava impossibile. Sembrava impossibile che un efferato delitto giungesse, finalmente, nell’aula di un tribunale per cercare di trovare, finalmente, il / i colpevole / i, di quell’atroce delitto. Dopo 20 anni vi è la speranza che la giustizia, finalmente, faccia il suo corso. Fino alla fine. Rileggere la storia che ha portato un piccolo paese della provincia di Frosinone, Arce, sulle prime pagine di tutti i quotidiani nazionali, fa ancora male, nonostante siano passati 20 anni.
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Serena Mollicone scompare la mattina del 1 giugno 2001. Lascia la sua casa per andare all’ospedale di Sora e non ne fa più ritorno. Verso l’ora di pranzo il padre, Guglielmo Mollicone, maestro elementare e titolare di una cartoleria ad Arce, inizia a preoccuparsi, non sa spiegarsi il motivo per cui Serena non è ancora ritornata a casa. Attende ancora qualche ora e poi, nel pomeriggio, ne denuncia la scomparsa ai carabinieri.
Da quel momento inizia una ricerca che unisce speranza e paura. Due giorni dopo la tragica scoperta. Il corpo della ragazza viene trovato vicino a un mucchio di rifiuti in un boschetto all’Anitrella. Serena aveva mani e piedi legati da nastro adesivo e fil di ferro e un sacchetto in testa. Una scena terribile, che sconvolge una famiglia ed un’intera comunità. Da quel momento il papà di Serena inizia una battaglia senza sosta alla ricerca della verità. Una verità che lui non potrà più conoscere. Lo scorso anno il suo cuore non ha retto più a quasi vent’anni di bugie, depistaggi, errori nelle indagini.
Gli imputati per l’omicidio di Serena Mollicone sono cinque: l’allora comandante della stazione dei Carabinieri, Franco Mottola, suo figlio Marco e sua moglie Annamaria. Per loro l’accusa è di concorso in omicidio volontario (come esecutori) e occultamento di cadavere. Secondo l’accusa, Serena venne aggredita in caserma, tramortita facendole sbattere la testa contro una porta, portata in un campo e qui lasciata morire legato e imbavagliata.
Per non aver impedito che il reato commesso commesso, risponde di omicidio anche il maresciallo Vincenzo Quatrale, accusato inoltre di aver istigato al suicidio, nel 2008, il collega Santino Tuzi alla vigilia della sua testimonianza contro i Mottola. “Nonostante il suo iniziale silenzio, Tuzi è stato l’unico ad avere il coraggio di confermare una verità scomoda. Nessuno lo ha appoggiato e in questo deve essere trovato il motivo del suo suicidio”, ha commentato prima dell’udienza il procuratore capo di Cassino, Luciano d’Emmanuele.
Infine, il brigadiere Francesco Suprano, che è accusato di favoreggiamento per aver contribuito a depistare le indagini. I loro nomi sono entrati per la prima volta nell’inchiesta 10 anni fa. Dietro a tutto ciò vi è un enorme lavoro investigativo, fatto su testimonianze e documenti dell’epoca da parte dei carabinieri della stazione locale e del comando provinciale, che ha permesso di definire quelle che l’accusa del pm Beatrice Siravo ritiene responsabilità ormai chiara.
Le accuse nei confronti dei cinque imputati sono chiare, ma il movente dell’omicidio quale fu? Le parole del padre di Serena, Guglielmo Mollicone, sono chiare ed inequivocabili: “Quel terribile primo giugno 2001, dice Guglielmo Mollicone in un’intervista rilasciata nel 2017 a Radio Cusano Campus, io non sapevo che Serena aveva deciso di andare nella caserma dei carabinieri di Arce per denunciare lo spaccio di droga che all’ epoca caratterizzava il nostro paese. Se me lo sapevo le avrei detto di andare in un’altra caserma e non nella tana del lupo.
Ho sempre sostenuto che Serena fu uccisa nella caserma dei carabinieri di Arce e i fatti recenti mi stanno dando ragione. Serena era amica di Marco, il figlio del maresciallo Mottola, visto che avevano fatto insieme le scuole medie. Il loro rapporto di amicizia si deteriorarono nel momento in cui Marco iniziò a far uso di sostanze stupefacenti ea spacciare droga. Serena cercò di farlo ravvedere, ma, evidentemente lui deciso di continuare sulla strada della perdizione”.
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Guglielmo Mollicone sapeva che quel piccolo paese era un crocevia importante per lo spaccio della droga. Lo sapevano in tanti, ma nessuno faceva niente per ripristinare la legalità. Lo voleva fare Serena Mollicone e, forse, proprio per questo è stata uccisa. Il processo è alle prime battute. Sarà lungo. Ma dopo 20 anni di attesa, si può attendere ancora un pò per conoscere, finalmente, la verità. Per Serena e Guglielmo Mollicone.
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