Walter Tobagi, chi è il giornalista che fu ucciso dalle Brigate Rosse

Walter Tobagi era una delle firme più apprezzate nel mondo del giornalismo, si occupava di terrorismo politico e fu ucciso dalle Brigate Rosse perché non era abbastanza “rozzo”.

Walter Tobagi, chi è il giornalista ucciso dalle Brigate Rosse (Archivio)
Walter Tobagi, chi è il giornalista ucciso dalle Brigate Rosse (Archivio)

La sera prima di essere ucciso, il giornalista del Corriere della Sera, partecipò ad un incontro al circolo della stampa di Milano, dove all’epoca si occupava di terrorismo, il suo lavoro era uno dei più attenti e raffinati in tutta Italia.

Durante quella sera, il giornalista venne accusato dai suoi colleghi, vicini ai movimenti di sinistra, la discussione diventò accesa e come sempre il giornalista finì per essere al centro della discussione.

Proprio mentre stava ricordando i suoi colleghi, morti o feriti durante quegli anni dal terrorismo politico, il giornalista si chiedeva a chi sarebbe toccato la prossima volta.

Esattamente 10 ore dopo, la mattina del 28 Maggio 1980, il giornalista verrà ucciso proprio mentre usciva di casa in via Salaino, vicino al carcere di San Vittore a Milano.

Aveva 33 anni quando un commando della Brigata “XXVIII Marzo” dei giovani terroristi di estrema sinistra, cercò di conquistare la gloria delle Brigate Rosse colpendo con 5 colpi di pistola il giornalista che morì immediatamente.

>>> POTREBBE INTERESSARTI ANCHE: Vittorio Bachelet, chi era il giurista ucciso dalle Brigate Rosse

Walter Tobagi, il suo è un dei tanti omicidi avvenuti durante gli “anni di piombo”

Tra il ’70 e l’80 il suo omicidio fu quello che fece più impressione, infatti tutt’oggi è ricordato con forte emozione, proprio per la metodologia e l’odio utilizzato per colpirlo.

Il giornalista era molto apprezzato dai suoi colleghi, equilibrato e attento, aveva partecipato nei movimenti di protesta durante gli anni, per parlare di violenza e del terrorismo politico.

Da sempre era uno dei più severi critici della lotta armata, cercava di comprendere le cause e le dinamiche sociali che spingevano e alimentavano queste battaglie.

Era un giornalista libero che riusciva ad indagare la realtà oltre ogni stereotipo o giudizio, i terroristi politici del tempo non tolleravano diversi punti di vista che cozzavano con il loro schema ideologico.

I suoi assassini confessarono che fu proprio l’opinione critica e profonda del giornalista che li aveva spinti a sceglierle l’uomo come bersagli principale.

In un suo articolo per il Corriere della Sera, il collega Giovanni Bianconi scrisse di come avvenì il processo al leader e pentito della Brigata XXVIII Marzo, Marco Barbone.

Il gruppo non avrebbe mai colpito un giornalista “rozzo” proprio perché era dalla parte dello Stato che incitava a proseguire sulla strada della pena di morte utilizzata sul campo.

Il giornalista riusciva ad indagare il terrorismo, cercando di comprendere le cause e conseguenze, per questo motivo era molto più pericoloso di altri giornalisti, era secondo il leader della Brigata, uno dei più intelligenti che con i suoi articoli non insultava o aizzava le folle, ma bensì cercava di creare una sinistra rivoluzionaria.

>>> POTREBBE INTERESSARTI ANCHE: Report, lettera minatoria delle Nuove Brigate Rosse: “Voi il marcio del sistema corrotto”

Walter Tobagi, Chi è il giornalista la vita privata prima di quel bruttissimo giorno

Il giornalista politico nacque a Spoleto il 18 Marzo del 1947, a circa 8 anni si trasferisce a Milano con tutta la sua famiglia, perché suo padre era ferroviere.

Al liceo comincerà la sua carriera giornalistica, scrivendo per il giornalino della scuola, mentre negli anni successivi collaborò con il giornale socialista “L’Avanti”, per poi approdare su “Avvenire”, da sempre ha definito la sua cultura politica socialista e cattolica.

Dopo aver trascorso diversi anni in quelle due testate, sarà la volta del Corriere della Sera, qui scriverà dell’eversione e del terrorismo di estrema sinistra, cercando di contestare la situazione politica e culturale del Paese.

Walter Tobagi, scrisse anche della morte di Giangiacomo Feltrinelli, a causa dell’esplosione di una bomba che stava piazzando su un traliccio d’alta tensione.

Ci sono state parole anche per l’assassinio del Commissario Luigi Calabresi e del giudice Emilio Alessandrini, inoltre si occupò molto anche di quello che era il gruppo più organizzato e temuto d’Europa, le Brigate Rosse.

>>> POTREBBE INTERESSARTI ANCHE: Maurizio Di Marzio, ex brigatista rosso è un uomo libero. Per lui è scattata…

Cosa riuscì a scoprire il giornalista socialista e cattolico sulle Brigate Rosse

Infatti Walter Tobagi notò come le Brigate Rosse e altri gruppi terroristici affiliati prendessero di mira solo i riformisti, non quelli più duri ma bensì tutti coloro che cercavano di avere una posizione moderata, cercando di creare un dialogo tra i movimenti di protesta e il resto della società.

Riuscendo a colpire i moderati, i gruppi terroristici riuscivano a spianare la strada agli estremisti, in questo modo il giornalista si avvicinò anche ai rapporti e aspetti umani tra i vari gruppi terroristici.

Il giornalismo anticonformista spinge il giornalista a raccontare della strage del covo di via Fracchia, una base delle Brigate Rosse a Genova dove fecero irruzione i Carabinieri, e quattro brigatisti furono uccisi durante lo scontro a fuoco.

Analizzando la situazione, il giornalista pose l’attenzione sui vicini, i quali non sembravano affatto colpiti dalla morte di quattro ragazzi, sembrava come se il sentimento della pietà non avesse spazio nell’organizzazione.

Il gruppo Brigata XXVIII Marzo prese il nome proprio dall’irruzione in via Fracchia, venne fondata da Marco Barbone, il quale aveva esperienza di altri gruppi. Lo stesso leader proveniva da ambienti borghesi, mentre gli altri cinque erano studenti e figli di operai.

>>> POTREBBE INTERESSARTI ANCHE: Francesco Pannofino ed il drammatico legame con il caso Moro

Il gruppo Brigata XXVIII Marzo messo sotto la lente d’ingrandimento

All’epoca sembrava che non avessero alcun contatto con le Brigate Rosse, si considerava un gruppo esclusivo non accettando alcun membro perché era l’elitè della rivoluzione italiana.

Tramite l’uccisione del giornalista, il gruppo brigatista sperava di entrare in contatto con le Brigate Rosse e diventare parte integrante del movimento.

Durante il mese di Maggio ferirono ad una gamba il giornalista di Repubblica Guido Passalaqua. Il mese dopo decisero di colpire ai vertici e in maniera più eclatante.

Il giornalista era uno dei più noti giornalisti dei tempi, ed era anche il Presidente dell’Associazione Stampa Lombarda, secondo il leader del gruppo terroristico, Barbone, il nome del giornalista passava da sempre tra le liste di persone da colpire.

Subito dopo aver eliminato il giornalista, la Brigata XXVIII Marzo cessò di esistere, i ragazzi si illusero di aver raggiunto un obiettivo, ma dopo aver ucciso il giornalista tutti i membri del gruppo terrorista ebbero un crollo.

Sia per le responsabilità del gesto, e sia per via della insensata giustificazione e logica con il quale è stato commesso l’omicidio. Marco Barbone il leader del gruppo venne arrestato ad Ottobre, per poi crollare con i magistrati e pentirsi.

>>> POTREBBE INTERESSARTI ANCHE: Francia, rilasciati tutti gli ex terroristi rossi arrestati: sono in libertà vigilata

La Brigata XXVIII Marzo venne rapidamente arrestata dopo le dichiarazioni del pentito

Il leader fu scarcerato immediatamente, grazie alla sua collaborazione, da quel momento in poi decise di cominciare una nuova vita, attualmente fa parte dell’Associazione Cattolica Comunione e Liberazione.

Attualmente ci sono diversi dubbi riguardo l’arresto di tutti i complici dell’omicidio, i dubbi sono sorti anche per quanto riguarda i suoi colleghi giornalisti i quali avrebbero potuto aizzare i gruppi terroristici contro il giornalista.

Gestione cookie