Audio inedito di Giovanni Falcone: un terribile presagio di quel 23 maggio 1992.
Da 29 anni la data del 23 maggio ha un sapore amaro. Da 29 anni la data del 23 maggio ha il suono sordo di un’esplosione di tritolo, di un tratto di autostrada che si briciola come un tozzo di pane secco ed ha l’odore acre di fumo che si sprigiona da auto in fiamme e corpi bruciati. Quel giorno, 23 maggio 1992, l’Italia era in ginocchio, sembrava la Caporetto di un’intera nazione, messa in ginocchio dalla mafia e dal suo codice sanguinario.
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Sull’autostrada di Capaci, insieme a Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro moriva la speranza che quella guerra contro la mafia si può vincere. Perché di guerra si trattava. Giovanni Falcone era il miglior magistrato antimafia della Procura di Palermo, un acutissimo investigatore che tanti segreti della cupola aveva già scoperto. Giovanni Falcone, però, dava molto fastidio, ma, purtroppo, non solo ai mafiosi.
“Da quello che mi è stato detto è stato inserito in un congegno esplosivo che è stato fatto esplodere a distanza ma solo per fermare la macchina. In quel punto, doveva essere ucciso in maniera chiara e ammonitrice per tutti”, queste parole sono pronunciate dal magistrato Giovanni Falcone.
Appartengono ad un audio in possesso di Askanews. Siamo a settembre del 1989 e Falcone si rivolge a persone che la mafia la conoscono bene, perché come lui, la combattono ogni giorno. Il magistrato si riferisce ad un omicidio di Cosa nostra avvenuto poco tempo prima, quello di Antonio D’Onofrio, ma ascoltare quelle parole 29 anni dopo la strage di Capaci, fa gelare il sangue. Le sue parole, quando parla di “un congegno esplosivo che facesse saltare in aria tutta la macchina”, sanno di tragico presagio.
Sembra che tre anni prima della scena di Capaci, Giovanni Falcone abbia avuto una tragica visione. Parlando dell’omicidio D’Onofrio, Giovanni Falcone ha prefigurato la sua morte. Il magistrato siciliano era concentrato a riunioni, come quella da cui è stato tratto l’audio, perché il focus è il nuovo Codice di procedura penale, che sta per entrare in vigore, il 24 ottobre 1989.
Giovanni Falcone insiste sul fatto che Cosa nostra è “una organizzazione unica ed unitaria”, ché “altrimenti certe regole non si spiegano”, e per rafforzare la sua tesi ricorda l’omicidio del barone Antonio D’Onufrio, possidente terriero, ucciso il 16 marzo del 1989 a 39 anni, perché ritenuto informatore della polizia. “Un omicidio che, secondo Giovanni Falcone, dimostra l’elevato grado di addestramento militare di questi personaggi”.
“Inoltre dimostra il grado di infiltrazione della mafia nel tessuto sociale. Se un barone D’Onufrio viene ucciso in modo così plateale è perché all’esterno venga recepita in modo chiara la lezione che si dà a chi in qualche modo ha sgarrato. Non c ‘è dubbio “. Se abbiamo ancora la speranza di eliminare per sempre le organizzazioni criminali, è perché ci nutriamo degli insegnamenti di uomini come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
23 maggio 1992 – 23 maggio 2021, 29 anni da non dimenticare. MAI.
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