Berlusconi, la Corte europea interroga l’Italia su processo e condanna

Nel 2013 Silvio Berlusconi fu condannato per frode fiscale: adesso, a distanza di otto anni, la Corte europea chiede all’Italia delucidazioni in merito alla regolarità del processo.

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Credit: Franco Origlia/Getty Images

Dopo otto anni dalla condanna per frode fiscale a Silvio Berlusconi, resa definitiva dalla sentenza della Cassazione, la Corte europea dei diritti dell’uomo interroga l’Italia sull’equità del processo. A renderlo noto è il Corriere della Sera, sottolineando che adesso il governo dovrà fornire una risposta entro il prossimo 15 settembre. Le domande avanzate dai giudici di Strasburgo sarebbero dieci.

La condanna del 1° agosto 2013 ha comportato al fondatore di Fratelli d’Italia la decadenza dalla carica di senatore e quattro anni di reclusione, di cui uno condonato. Dopo aver scontato la pena e ottenuto la riabilitazione, Silvio Berlusconi è poi stato rieletto al Parlamento europeo. Nonostante questo, la sentenza ancora oggi continua però ad avere ripercussioni: per esempio, a causa della perdita dei requisiti di “onorabilità”, viene contestato il diritto della Fininvest a detenere le quote eccedenti il 9,99% di Banca Mediolanum.

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L’interrogazione della Corte europea sul processo di Silvio Berlusconi

“Il ricorrente signor Silvio Berlusconi ha beneficiato di una procedura dinanzi a un tribunale indipendente, imparziale e costituito per legge? Ha avuto diritto a un processo equo? Ha disposto del tempo necessario alla preparazione della sua difesa?”. Sono queste alcune delle domande riportate dal Corriere della Sera che i giudici di Strasburgo hanno posto al governo italiano.

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Secondo i legali dell’ex Cavaliere, durante il processo che ha portato alla condanna ci sarebbero state delle presunte violazioni dei diritti della difesa, come i mancati riconoscimenti del legittimo impedimento di Berlusconi a partecipare a cinque udienze, il taglio dei testimoni, la mancata traduzione in italiano di documenti e altro ancora. Le contestazioni erano già state respinte dai giudici di merito e di legittimità italiani e per questo la difesa dell’ex presidente del Consiglio aveva deciso di rivolgersi alla Corte europea.

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