Esce il 14 maggio il primo disco di Tancredi, tra i semifinalisti di Amici 20. Si intitola Iride e contiene sette brani di cui tre sono gli inediti presentati durante il talent show di Canale 5.
Tancredi, di “Amici” ne ha fatto una grande occasione di crescita, per liberarsi dalla zavorra di chi ha capito di voler fare musica senza però trovare in un primo momento la risposta del pubblico… o qualcuno che credesse in lui. Durante il Serale ha trovato il suo spazio di libertà, facendo affezionare il pubblico non solo alla sua voce, ma soprattutto alla sua personalità, tanto timida nel quotidiano quanto esplosiva sul palco. Il 14 maggio è arrivato “Iride”, il suo progetto discografico d’esordio, il primo passo verso il suo sogno: farci vivere nel suo mondo.
In “IRIDE”, in uscita per Warner Music, sono contenuti anche “Las Vegas”, il singolo con oltre 8 milioni e mezzo di stream, nella top10 della classifica Top50 di Spotify, “Fuori di testa”, con oltre 1 milione e mezzo di stream su Spotify, e “Leggi dell’Universo”.
Com’è stato l’impatto dopo l’uscita dal talent?
«Beh, sono onesto, mi sono spaventato. Sto ancora cercando di metabolizzare la cosa. Ero pronto a farmi sentire, ma non pensavo che il mio nome potesse arrivare così lontano in così poco tempo. Sto vivendo dei momenti esaltanti e altri stranissimi. Imparerò, credo, a gestire tutto questo».
Cosa è significato per te entrare poco prima del serale?
«Molti pensano sia solo un vantaggio, in realtà è stato un gran problema, nel senso che se entri in un momento particolare, tutti i tuoi compagni di classe sono già molto amati e ti senti fuori posto. Ho fatto molta fatica a integrarmi in una situazione così tanto avviata e non solo nel programma, anche nella convivenza. Poi vanno preparate le esibizioni, tante… e io sono partito da zero, visto che di cover non avevo mai fatte prima. Una volta abituato al contesto, credo si sia visto, mi sono fatto valere».
Le barre inserite nelle cover di questo Serale hanno fatto discutere. Cosa rappresentavano per te?
«Una sfida, soprattutto. Amo sperimentare con la musica e entrare dentro brani non tuoi e famosissimi ti obbliga a coglierne l’essenza. In generale ogni opportunità di scrittura per me è preziosa. A volte è stata più dura, altre volte mi è venuto più naturale».
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Tra le tue citazioni c’è anche tanta arte e letteratura però. Il liceo classico l’hai più domato o l’hai più subito? Nelle tue barre citi tantissimo gli anime, i cartoni giapponesi.
«Sì, ne sono un grande appassionato. Li guardava sempre mio fratello, io mi sono un po’ accodato per caso. Sono partito da “Death Note” e da lì non mi sono più fermato. Uno dei miei anime preferiti è “Charlotte”, parla di ragazzi con particolari superpoteri», racconta il cantante.
«Diciamo che non sono mai stato un grandissimo alunno. Come spesso capita a chi vuole fare musica, la scuola anche a me stava parecchio stretta. Sono riuscito a diplomarmi tra mille difficoltà, ma ho poi scoperto che quel bagaglio culturale, anche se è pieno di lacune, mi sta tornando utile».
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