Tre anni fa il giovane calciatore Federico Zini freddò con tre colpi di arma da fuoco Elisa Amato e poi si tolse la vita: non aveva accettato che la loro relazione fosse giunta al capolinea.
La notte del 26 maggio 2018 Federico Zini, calciatore 25enne di Serie D, si suicidò dopo aver picchiato e ucciso con tre colpi di pistola la ragazza di cui diceva di essere innamorato, Elisa Amato, una commessa di 29 anni residente a Galciana, in provincia di Prato. La giovane stava tornando a casa da una serata passata insieme agli amici quando trovò il suo ex fidanzato ad attenderla.
La coppia si era formata nel 2016 ma dopo un primo periodo in cui sembrava andare tutto per il verso giusto, l’eccessiva gelosia, ossessione e possessività del giovane portarono Elisa ad allontanarsi. Non andò a buon fine neanche il tentativo di convivenza: Federico Zini la controllava quando usciva, la monitorava sui social e le chiedeva attenzioni esclusive.
I ripetuti tentativi del ragazzo di rimettere a posto le cose non riuscirono a far cambiare idea alla 29enne. Non accettando che la loro relazione potesse giungere al capolinea, Federico Zini decise così di porre fine alla vita di entrambi dopo una violenta lite. La pistola utilizzata per il drammatico omicidio-suicidio, una calibro 9, era regolarmente detenuta dal giovane, che aveva ottenuto un porto d’armi per uso sportivo.
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Chi era Federico Zini: la carriera da calciatore e la polemica per la onlus
L’anno in cui uccise Elisa Amato per poi togliersi la vita, Zini viveva a San Miniato e giocava in Serie D con il Tuttocuoio, nel ruolo di attaccante. Cresciuto nelle giovanili dell’Empoli, in passato aveva militato nella stessa categoria con la maglia del Riccione, ma aveva fatto anche diverse esperienze all’estero, esattamente a Malta, in Bulgaria, nelle Filippine e in Mongolia. Il giovane calciatore nel 2015 si infortunò gravemente al ginocchio destro e dovette affrontare due operazioni e un lungo periodo di riabilitazione.
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Zini riuscì poi a tornare in campo soltanto dopo due anni. Nel periodo di stop decise di fondare un’associazione, “Un Pallone Per Un Sorriso”, con l’idea di ricevere maglie autografate dei calciatori, metterle in vendita e donare il ricavato in beneficienza. Dopo l’omicidio-suicidio, il padre del 25enne cercò di iscrivere una Fondazione onlus col suo nome ma gli venne negato dalla Regione. In 9mila, in provincia di Prato, firmarono una petizione per opporsi all’iniziativa.