Bruciore e dolore, anche durante i rapporti sessuali, sono i disturbi che più caratterizzano la vulvodinia. Ecco quali sono i rimedi più efficaci.
La vulvodinia è un disturbo vissuto come un disagio, spesso descritto come una sensazione di dolore e di bruciore nell’area vulvare pur in assenza di lesioni cliniche visibili. Il dolore può essere spontaneo oppure provocato da un contatto, come un rapporto sessuale, indumenti stretti, assorbenti o da banali movimenti come sedersi o accavallare le gambe. Molto spesso è presente in modo continuativo, accompagnando la donna per l’intera giornata. La vulvodinia colpisce dalla adolescenza alla menopausa.
L’influencer e modella 25enne rivela, in lacrime, di essere affetta da vulvodinia. Racconta su Instagram la “malattia invisibile” che l’ha colpita alcuni anni fa: vulvodinia, patologia dolorosa e cronica d’interesse vulvare. Era l’ottobre del 2020 quando la giovane donna decideva di condividere il suo dolore con i follower: uno sfogo e al tempo stesso un messaggio di vicinanza con quanti stanno combattendo la stessa battaglia.
“Impari a considerare quel dolore come parte di te, è la tua quotidianità – ha continuato – Così come i sacrifici. Niente jeans stretti, niente collant, niente cibi acidi, niente alcool, niente zuccheri, niente mutande colorate o sintetiche, niente uscite serale, niente di niente. Anche programmare una vacanza diventa un incubo sapendo che potresti passarla sdraiata in un letto a soffrire. Quando ho finalmente dato un nome a tutto questo ho scoperto non solo di non essere sola, ma che le donne affette da questa patologia sono tantissime e tutte hanno in comune questa sensazioni di essere state totalmente abbandonate nel loro dolore, ho promesso a me stessa che avrei lavorato ogni giorno per fare in modo che nessuno si sentisse più così. Non siamo colpevoli, non siamo rotte e non siamo difettose. Siamo malate e meritiamo comprensione e rispetto”, queste le parole di Giorgia Soleri. (clicca qui per saperne di più sulla storia della fidanzata di Damiano)
Il disturbo può avere molte cause spesso tra loro interagenti, il che contribuisce ad aggravare la sintomatologia. La paziente riferisce l’esordio dei disturbi in seguito a ripetute infezioni da candida o in seguito a traumi fisici (episiotomia, biopsia, elettrocauterizzazione); talora, in seguito a rapporti sessuali non desiderati, dolorosi e in assenza di lubrificazione, o dopo un trauma psicologico.
Sono chiamati in causa anche stili comportamentali quali pantaloni e biancheria intima troppo stretti; attività sportive micro-traumatizzanti (bicicletta, cyclette, spinning, equitazione), uso eccessivo di detergenti intimi; sostanze chimiche presenti in medicinali a uso topico spalmati in loco.
Il meccanismo più spesso chiamato in causa nella cronicizzazione del dolore/bruciore è la iperattività dei mastociti, cellule deputate alla difesa immunitaria che intervengono nelle reazioni allergiche e nell’infiammazione acuta. Una stimolazione eccessiva di queste cellule provoca una risposta immunitaria abnorme con produzione di sostanze flogistiche responsabili di eritema e di irritazione.
La vulvodinia è una sindrome complessa, spessissimo non diagnosticata perché le evidenze cliniche sono scarse o assenti. Riconoscere la sindrome e spiegare alla donna le ragioni del suo disturbo è già un primo importante aiuto.
Le terapie farmacologiche più efficaci sono gli antidepressivi ciclici ed anticonvulsivanti che, a piccole dosi, interrompono i circuiti del dolore cronico e la sensibilità abnorme dei nervi.
In presenza di muscoli pelvici molto contratti a causa del dolore, si può utilmente ricorrere alla fisioterapia. Utili anche gli esercizi di auto massaggio, sia interno che esterno, che si esegue esercitando pressione sui punti dolorosi. Le terapie fisiche, se eseguite con regolarità, danno sollievo nell’80% dei casi.
Di questa patologia ne parla Nina Palmieri in un servizio per Le Iene. L’inviata intervista quattro donne che soffrono di questa malattia e di come sia difficile già dal risveglio convivere con la vulvodinia. E’ importante riconoscere la malattia, solo in Italia il 15% delle donne ne soffre. (clicca qui per vedere l’intervista sul sito de Le Iene)
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