Christian Raimo è uno scrittore, traduttore e insegnante, è nato e cresciuto a nella Capitale, e ha studiato filosofia all’Università di Roma “La Sapienza”. Ha lavorato e scritto per il cinema, la radio e la televisione. Per un periodo ha fatto cabaret con un gruppo denominato “I cavalieri del Tiè”.
Ha collaborato con diverse riviste letterarie: «Liberatura», «Elliot-narrazioni», «Accattone», «Il maleppeggio», quotidiani come «Il manifesto» e «Liberazione», e con la casa editrice romana “Minimum fax”, per la quale ha tradotto Charles Bukowski e David Foster Wallace. Con la stessa casa editrice ha pubblicato nel 2001 la sua raccolta di racconti di esordio “Latte”.
Per la Fandango Libri Raimo traduce il romanzo in versi di Vikram Seth “The golden gate“, assieme a Luca Dresda e alla sorella Veronica Raimo. Per la Minimum fax ha curato inoltre nel 2004 l’antologia “La qualità dell’aria” con Nicola Lagioia, nel 2007 la raccolta di inchieste “Il corpo e il sangue d’Italia“ e nel 2015 l’antologia “L’età della febbre“ con Alessandro Gazoia.
Inoltre lo scrittore ha fatto parte della redazione del blog letterario «Nazione Indiana», sul quale ha pubblicato parecchi articoli, è tra i fondatori e coordina il blog letterario minima&moralia.
Insomma, una grande carriera nel mondo della letteratura, che corona con l’uscita nel 2012 del suo primo romanzo: “Il peso della grazia“, per Einaudi. Sempre per la stessa casa editrice ha pubblicato “Tranquillo prof. la richiamo io” nel 2017, il saggio “Tutti i banchi sono uguali”, La parte migliore (Einaudi 2018), Contro l’identità italiana (Einaudi 2019), Ho 16 anni e sono fascista (Piemme 2018), Riparare il mondo (Laterza 2020).
Dal 2018 è assessore alla Cultura del III Municipio di Roma, in cui ha dato vita al movimento culturale e politico “Grande come una città”. (clicca qui per visitare il suo profilo Facebook)
Christian Raimo svela quella che ormai è diventata quasi solo una città «inventata», «una fabbrica di miti», «retroflessa, ipnotizzata dal suo mito, succube di sé, di un passato di cui abusa per continuare a presentarsi in società come uno sfondo-museo».
A pochi mesi dalle elezioni amministrative tra le più difficili di sempre, rinviate a ottobre causa Covid e forse anche in attesa che a qualcuno venga davvero voglia di fare il sindaco di Roma, Raimo racconta «Vita, morte e bellezza» della sua città. Lo scrittore nel suo articolo mostra le potenzialità di una metropoli che, da troppo tempo ormai, ha perso il suo ruolo di capitale.
Roma cantata, descritta, osannata, mitizzata da millenni, oggi può offrire una «grande bellezza» che «non è quella del passato ma quella della sconfitta». Raimo racconta le due anime della sua città: quella ribelle e quella dell’ordine, del potere e della seduzione, smascherando i falsi miti. Mostra non tanto una città impossibile, quanto «non governata». Rimette insieme le tessere della storia recente e, con il piglio di chi si è nutrito di pane e occupazioni, di Adorno, Arendt, Camus e pure Tomas Milian, di chi conosce la filosofia teoretica e il mondo trap, con l’aiuto di YouTube ci accompagna nella cultura e sottocultura urbana, nei meandri della Roma vera, una città «qualunque», in realtà molto sconosciuta perfino a chi ci vive.
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Una città che si sta trasformando, che non parla più il romanesco ma il «romanoide», senza che se ne abbia completa contezza. Basterebbe sapere leggere le scritte sui muri comparse negli ultimi anni, in arabo e in altre lingue. Si scoprirebbe un mondo di tag che non è solo «Geco», ma «Nur» o «Ghali», e tutto ciò che quei nomi si portano dietro.
«Buttare», «Controllare», «Sgomberare», «Escludere» (alcuni capitoli del libro) è una strategia politica, una scelta, non un mero atto di malgoverno. Ma Roma, racconta lo scrittore, è «sicura della sua identità, raccoglie le proiezioni altrui, con ironica indifferenza, sapendo che nessuno potrà riscriverla del tutto». Raimo però non si rassegna e continua a ricercare la Roma migliore, quella possibile.
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