Uno studio dimostra come il non utilizzo dell’aratura può agevolare un taglio delle emissioni agricole del 30%. Inoltre i terreni non smossi assorbirebbero maggiori percentuali di carbonio nel medio periodo.
Abbattere le emissioni agricole sembra possibile, per impattare meno sull’ambiente. Sembra che arare la terra e i campi causerebbe un impatto del 30% che riguardano le emissioni del settore agricolo. A confermare il risultato è stato uno studio scientifico realizzato in Gran Bretagna e poi pubblicata sulla rivista Environmental Research Letters.
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Come spiegano i ricercatori, il suolo assorbe quantità il carbonio, divenendo così un serbatoio naturale – quando la terra viene lavorata e le zolle con l’aratura ribaltate il meccanismo libera il carbonio che fino a quel momento era immagazzinato nel terreno, per poi dopo un processo naturale impattare con l’atmosfera e accrescendo la quantità di CO2. Lo studio però non ha tralasciato anche l’impatto di altri gas, come il protossido di azoto e il metano. Lo studio confrontato due metodi diversi di lavorazione del terreno – il primo tradizionale, l’altro invece esente da aratura.
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I ricercatori sono così giunti alla conclusione che il metodo che non utilizza il sistema tradizionale di aratura ha un impatto minore rispetto agli altri metodi comparati, fino a tagliare un terzo delle emissioni. I terreni non arati per lunghi periodi oltre che ridurre le emissioni aumenterebbero la capacità di immagazzinare carbonio nel terreno. Lo studio propone quindi un cambiamento all’interno del settore agricolo che significherebbe anche un abbassamento dell’impatto del comparto sull’ambiente.