Manuela Bailo sgozzata dal suo amante e collega, con moglie e figli, perché il suo amore era diventato troppo ingombrante.
Manuela Bailo era una donna di 35 anni di Nave (Brescia) impiegata nel Caf della Uil, uccisa il 28 luglio 2018 da Fabrizio Pasini, un collega – sposato e con figli- con il quale aveva intrecciato una relazione. Manuela Bailo è l’ennesima vittima di femminicidio nel nostro Paese. Una donna uccisa dall’uomo che amava, condannato con rito abbreviato a 16 anni di reclusione per omicidio ed occultamento di cadavere.
Eliminata perché il suo amore era diventato troppo ingombrante. I carabinieri lo avevano fermato di ritorno dalle ferie ad Alghero, passate in compagnia della propria famiglia, dopo un mese in cui aveva negato di sapere che fine avesse fatto la collega sparita da settimane. Uno scenario smentito dai fatti.
«Stavamo litigando, l’ho spinta dalle scale, lei è caduta e io ho perso la testa, ma non volevo ucciderla», ha poi ammesso Pasini. Per la Procura, che gli contesta l’omicidio premeditato e l’occultamento di cadavere – è in corso il processo in abbreviato – è soltanto una bugia. Manuela è stata deliberatamente attirata in trappola nella casa vuota della madre dell’amante, a Ospitaletto, sempre nel Bresciano, con la scusa di passare il fine settimana insieme e poi è stata sgozzata. Un giorno e mezzo dopo, Pasini, che voleva levarsi di torno quella donna che voleva vivere la storia alla luce del sole e non sapeva come uscirne, l’ha caricata in auto e sepolta ad Azzanello, in quella cascina diroccata dove è stata trovata.
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Ma per la difesa dell’amante che non voleva lasciare la moglie non c’è alcuna prova che Manuela sia stata sgozzata: colpa delle condizioni del corpo, abbandonato a lungo dentro la buca: il collo della vittima era troppo scarnificato per accertare l’esatta dinamica.