Sotto copertura: la storia vera che ha ispirato la serie tv

“Sotto Copertura”, fiction poliziesca che ha ottenuto un notevole successo, è ispirata ad una storia vera, quella di Vittorio Pisani.

Sotto Copertura, cosa c'è di vero nella fiction di Rai1 (RaiPlay)

Prodotta da Lux Vide, la prima stagione di Sotto copertura – La cattura di Zagaria è stato un trionfo e ha registrato numeri talmente positivi che il primo canale della Rai è pronta a ritrasmettere gli episodi in prima serata, ogni sabato. La serie, tuttavia, non è frutto di immaginazione ma si ispira alla vera storia di Vittorio Pisani, un poliziotto che, proprio come il personaggio della fiction, è finito sotto inchiesta dopo le dichiarazioni calunniose di un collaboratore di giustizia.

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La vera storia di “Sotto copertura”

La fiction racconta le eroiche gesta del commissario Michele Romano, interpretato da Claudio Gioè, e della sua squadra investigativa, alle prese con l’arduo compito di arrestare il boss del clan camorrista di Casal di Principe, Antonio Iovine. Il personaggio del poliziotto si ispira a Vittorio Pisani. Quest’ultimo, nel 2011 era il capo della Squadra Mobile di Napoli, implicato nell’investigazione che ha portato alla cattura di Antonio Iovine, tema della prima stagione di “Sotto Copertura”.

Proprio mentre Pisani stava lavorando alla cattura di Michele Zagaria, altro capo boss del Clan dei Calabresi, che era latitante in un bunker, fu indagato per favoreggiamento, abuso d’ufficio e rivelazione di notizie riservate. A metterlo nei guai sono le parole di Salvatore Lo Russo, collaboratore di giustizia che in un primo momento aveva collaborato con lo stesso Pisani. Il poliziotto viene messo dunque sotto processo, dove racconterà la sua versione dei fatti senza tradirsi mai. Nel processo, Pisani uscì assolto con formula piena “per non aver commesso il fatto” per quanto riguarda l’accusa di rivelazione di segreto, e perché “il fatto non sussiste” per quanto riguarda l’abuso e il favoreggiamento.

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La sentenza di secondo grado confermò la sentenza precedente. La procura generale non chiese un ricordo in Cassazione e Pisani poté dunque tornare al suo amato mestiere, anche se fu spostato dalla Squadra Mobile di Napoli. In tutto questo, Lo Russo fu condannato a tre anni di reclusione per aver calunniato Pisani che nel frattempo era diventato anche dirigente superiore.

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