Fausto Biloslavo, ha girato il mondo per riuscire a raccontare tramite la fotografia tutto quello che si respira nei conflitti internazionali.
Nasce nel 1961, diventa un uomo al Nautico di Trieste, studia Scienze Politiche come studi universitari e si guadagna il 110 e lode con bacio accademico.
Esordisce con un reportage sull’invasione israeliana in Libano nel 1982, sarà l’unico a fotografare Yasser Arafat mentre fugge da Beirut. Con Almerigo Grilz, sarà in prima linea in Mozambico, e con Gian Micalessin fonderà l’agenzia di freelance Albatross Press Agency, con sede a Trieste.
Durante gli anni ’80 riuscirà ad immortalare le guerre dimenticate dell’Afghanistan, per poi passare all’Africa ed infine in Estremo Oriente. Mentre nel 1987 verrà catturato e tenuto prigioniero a Kabul per circa 7 mesi, dopo aver girato un reportage con la resistenza afghana contro l’Armata Rossa.
Ha dichiarato più volte che se non ci fosse stato Cossiga e qualche amico a Trieste, l’uomo sarebbe stato dimenticato in Afghanistan senza ritegno. Circa un anno dopo tornerà a Kabul, purtroppo verrà investito da un camion militare, il quale lo ridurrà in fin di vita.
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Nel suo curriculum da fotografo, vanta anche il genocidio in Ruanda e nei Balcani, ha anche raccontato tutte le guerre atroci in Croazia, per poi raccontare la devastazione in Bosnia, e l’interevento della Nato in Kosovo.
Nel 1997 si imbarcherà per il servizio più pericoloso della sua vita, salperà per andare in Cecenia e liberare Mauro Gallegani, il fotografo di Panorama rapito dai tagliagole ceceni.
Nel compimento dei suoi 40 anni, entrerà a Kabul mentre viene liberata grazie ai B52 degli americani, mentre ne 2003 si infilerà nel deserto al seguito dell’invasione che demolirà il regime di Saddam Hussein.
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L’anno scorso è stato proprio l’ultimo giornalista ad intervistare il colonnello Gheddafi prima di morire. Pubblica due libri sui reportage di guerra durante la sua carriera.
I libri sono “Prigioniero in Afghanistan”, e “Le lacrime di Allah”, ci sarà anche un libro fotografico di nome “Gli occhi della Guerra” , il quale racconta tutti i conflitti vissuti dal fotografo dagli anni ’80 sino ai giorni nostri.
In circa 30 anni di pieno lavoro, il fotografo e giornalista ha scritto oltre 4000 articoli e vivere tante guerra per riuscire ad apprezzare le cose semplici della vita, come ad esempio vivere in pace, o semplicemente godersi una bella giornata al sole.
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