Dopo una settimana di silenzio dopo che il Presidente del Consiglio Mario Draghi, definisce il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan “un dittatore con il quale si deve cooperare”, il Sultano risponde: “La dichiarazione del presidente del Consiglio italiano è stata una totale indecenza, una totale maleducazione“.
Draghi stava commentando l’episodio imbarazzante successo in Turchia durante la visita della presidentessa della Commissione Europea von der Leyen e del presidente Charles Michel: nonostante per prassi Erdoğan dovesse sedersi insieme a entrambi i rappresentanti europei, l’unica sedia disponibile era per Michel. A tale proposito Draghi ha detto quindi che non condivide «assolutamente le posizioni del presidente Erdoğan» e che si è dispiaciuto per «l’umiliazione che la presidentessa della Commissione von der Leyen ha dovuto subire». Aggiungendo che «con questi, diciamo, chiamiamoli per quel che sono, dittatori» bisogna essere franchi «nell’esprimere la propria diversità di vedute». L’intenzione di Draghi, quindi, era di difendere le istituzioni europee, e dare una risposta al presidente turco.
Ripetendo le dichiarazioni rilasciate dai suoi collaboratori al governo, Erdogan ha voluto ricordare al premier italiano che “prima di dire una cosa del genere a Tayyip Erdogan devi conoscere la tua storia, ma abbiamo visto che non la conosci. Sei una persona che è stata nominata, non eletta”. Il presidente turco ha poi aggiunto che “Draghi ha purtroppo danneggiato” lo sviluppo delle “relazioni Turchia-Italia”.
La reazione, seppur a distanza di giorni, del presidente della Turchia dimostra che è ancora alta la tensione diplomatica con l’Italia. Clima che rischia di ripercuotersi sia sul fronte migratorio, con Ankara che già nei mesi scorsi era tornata a minacciare l’Europa, forte dei 4 milioni di rifugiati siriani ospitati nel Paese dopo l’accordo del 2016, tanto da richiedere la presenza di Ursula von der Leyen e Charles Michel nella capitale turca che ha poi scatenato il cosiddetto sofagate, che in Libia, dove sia l’Italia che la Turchia aspirano a ricoprire un ruolo di primo piano dopo la formazione, un mese fa, del nuovo governo di unità nazionale presieduto da Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh.
Non è un caso che il primo viaggio internazionale del presidente del Consiglio Draghi sia stato proprio a Tripoli, dove Roma aspira a riguadagnare terreno dopo essere stata scavalcata dal Paese della Mezzaluna che ha inviato i propri militari a sostegno dell’allora Governo di Accordo Nazionale guidato da Fayez al-Sarraj per contrastare l’avanzata delle milizie del generale Khalifa Haftar intenzionate a conquistare la capitale.
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E pochi giorni dopo, il 12 aprile, è stato invece lo stesso Dbeibeh a volare ad Ankara con 14 dei suoi ministri per incontrare l’amico e stretto alleato Erdoğan: sul tavolo non solo la cooperazione militare, ma anche e soprattutto il rinnovo del Memorandum del 2019 sullo sfruttamento delle risorse nel Mediterraneo orientale e il ripristino della partnership economica e commerciale Turchia-Libia, in vista dell’avvio di un nuovo processo di pace e ricostruzione del Paese nordafricano.
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