Covid, a Piacenza potrebbe verificarsi l’immunità di gregge, il calo di contagi mette diventa oggetto di studi per alcune Università.
I territori più colpiti dalla pandemia come Piacenza, hanno sofferto in quantità minore rispetto alla seconda ondata. La città è diventata oggetto di uno studio realizzato dagli Igienisti del Dipartimento di Scienze Biomediche e Metaboliche.
L’Università di Modena e Reggio hanno collaborato con la comunità internazionale per stabilire dei criteri di giudizio adeguati. Lo studio è stato pubblicato in questi giorni sulla rivista “Environmental Research”.
Il professor Marco Vinceti e il Dottor Tommaso Filippini, entrambi medici igienisti e de epidemiologi della Sezione Sanità Pubblica del DSBMN, i quali hanno esaminato l’intero patrimonio nazionale di dati incidenti all’infezione SARS-COV-2.
Il database conteneva l’incidenza per popolazione provinciale nei periodi tra febbraio-maggio e settembre-ottobre nel 2020, tramite alcuni indicatori come la vecchiaia, la proporzione di famiglie mononucleari e la mobilità dei residenti sono stati posti dei risultati incoraggianti.
Nel corso della seconda e terza ondata del Coronavirus, alcune aree che sono state duramente colpite nella prima ondata come Lodi, Bergamo e Piacenza, erano toccate in maniera meno pesante rispetto all’anno precedente.
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I risultato ottenuti sono relativi all’intero territorio nazionale, il quale è stato poi suddiviso su una base provinciale, questo ha permesso di capire la correlazione diretta tra le due ondate.
Oltre alla incidenze, le statistiche hanno evidenziato un andamento inverso, risultando come un’ondata più attenuata rispetto all’intensità della prima ondata da Coronavirus.
Secondo i dati, i professori hanno studiato 3 ipotesi. La prima consiste in una sorta di immunità di gregge sviluppata nel corso della prima ondata. Questo è stato almeno per il 50% della popolazione, nonostante i livelli non superiori a 10% nelle aree colpite, la causa dell’immunità potrebbe essere in maniera specifica e cellulare con altri coronavirus.
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La seconda ipotesi è che la prima ondata abbia colpito in maniera selettiva i “superdiffusori”, ovvero tutte le persone maggiormente responsabili della trasmissione dell’epidemia.
In questo modo è stato limitato il ruolo durante la seconda ondata causando una lenta immunizzazione post infettiva.
La terza ipotesi prevede che nelle province più colpite siano state adottate dalla popolazione delle misure di precauzione più forti e accentuate, in modo da contrastare la pandemia in maniera efficace. Questa però è stata ritenuta dagli autori come la meno plausibile in termini di diffusione del virus corrente.
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