Il pm di Catania nel caso Gregoretti richiede il “non luogo a procedere” per Matteo Salvini
E’ la terza volta che il pm di Catania richiede il “non luogo a procedere” nei confronti dell’ex ministro Matteo Salvini. Si tratta de caso Gregoretti, la vicenda risale all’estate del 2019 e vede il politico accusato di abuso d’ufficio e sequestro di persona. Il 25 luglio 2019, 131 migranti soccorsi nel Mediterraneo rimasero per 6 giorni sulla nave della Guardia costiera italiana, la Gregoretti, per il divieto di sbarco dell’allora ministro Matteo Salvini
Le richieste del pm di Catania
Il pm di Catania Andrea Bonomo già nel settembre del 2019 aveva richiesto l’archiviazione del caso. In quell’occasione intervenì il tribunale dei ministri che stabilì che si dovesse procedere in aula. Nell’autunno scorso il giudice Sarpietro aveva chiesto di ascoltare l’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e i ministri Toninelli, Trenta, Di Maio e Lamorgese.
Oggi il pm di Catania, a conclusione del suo intervento in aula, ha ribadito ancora una volta la richiesta di non luogo a procedere nei confronti di Matteo Salvini. Le ragioni di questa richiesta, secondo Bonomo, stanno nella non sussistenza del reato, in quanto non è ravvisabile la violazione di alcuna convenzione internazionale.
La Procura di Catania nella richiesta di archiviazione aveva scritto che «l’attesa di tre giorni non può considerarsi una illegittima privazione della libertà», visto che le «limitazioni sono proseguite nell’hot spot di Pozzallo» e che «manca un obbligo per lo Stato di uno sbarco immediato».
I possibili risvolti del caso Gregoretti
Il prossimo 14 maggio il Gup Nunzio Sarpietro leggerà la sua decisione a conclusione dell’udienza preliminare. Due le possibili strade che si prospettano, o un decreto di rinvio a giudizio, con la conseguente fissazione della prima udienza dell’eventuale processo, oppure una sentenza di non luogo a procedere.
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Circa questo processo il diretto inteessato, Matteo Salvini, lo scorso dicembre aveva dichiarato. «A processo ci vado tranquillo perché non ritengo di aver commesso alcun reato, anzi credo di aver salvato vite tutelando l’interesse nazionale italiano. L’ho fatto in compagnia di tutto il Governo». E poi: «Abbiamo salvato vite e protetto un Paese, quello che non è accaduto dopo perché dopo di me ci sono stati morti annegati diritti negati. Mi dispiace solo di dovere far perdere tempo a giudici, avvocati, forze dell’ordine in un’aula bunker che solitamente è impiegata per processo di mafia».