A 12 anni dal devastante sisma che colpì L’Aquila si intravede la luce in fondo al tunnel: ricostruzione privata all’80%, pubblica al 60%
L’Aquila ha ricordato le 309 vittime del sisma che la notte tra il 5 e 6 aprile 2009 devastò il capoluogo d’Abruzzo e altri 56 comuni. A causa delle norme anti-Covid, per il secondo anno consecutivo non si è svolta la fiaccolata ma ci sono stati i lumini accesi alle finestre a rischiarare il buio all’ora del sisma. Mentre accanto all’obelisco innalzato nel nuovo Parco della Memoria, a pochi passi dai palazzi-ecatombe, è stato steso lenzuolo con i nomi delle vittime diventando così luogo di condivisione del dolore per aquilani e non ma anche monito per il futuro. Alle 18 si è svolta, nella chiesa Santa Maria del Suffragio, una celebrazione liturgica durante la quale sono stati letti i nomi delle vittime del sisma.
Poco alla volta la vita sta rifiorendo nel cuore dell’Aquila tra il frastuono delle gru e dei cantieri finalmente aperti e le strade strette tra ponteggi e teli. La città ha riacquistato molto del suo volto originario: moltissimi hanno ripreso possesso delle loro abitazioni visto che sono ormai concluse più di 28 mila pratiche e sono in fase d’istruttoria le ultime 1.100 che dovrebbero vedere la luce entro il 2021. Tuttavia resta ancora molto altro da fare dal momento che è stato ricostruito circa il 60% dei palazzi pubblici e dei monumenti.
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Nella celebrazione in ricordo delle vittime l’Arcivescovo dell’Aquila, Cardinale Giuseppe Petrocchi, ha parlato della ricostruzione come di un “evento di Popol”, analogamente l’epidemia è superabile solo se concepita come “impresa di Popolo”. Da un lato, infatti, ha sottolineato il cardinal Petrocchi, i morti del sisma “non appartengono soltanto ai loro parenti ma sono e rimangono nostri fratelli“, allo stesso modo anche la battaglia contro il Covid “non può essere gestita solo da una élite“. Ragion per cui non sono sufficienti “atteggiamenti virtuosi di una minoranza, che possono essere diluiti o azzerati da comportamenti dannosi di un’altra porzione di persone“.
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Poi l’omaggio del Presule, Presidente della Ceam (Conferenza episcopale Abruzzo e Molise), alla “volontà perseverante di ricostruire degli aquilani, popolo di grande fede” che ha tra nel proprio corredo genetico “la resilienza al sisma” e la “tenacia del ripartire”. Quindi, è “dal gene della ripartenza” che si sviluppa “il genio del reinventarsi, pure davanti alle macerie, una esistenza non solo ri-adattata ma re-inventata e di nuovo conio”. Il sindaco de L’Aquila, Pierluigi Biondi, invece, ha rimarcato che “la città inizia a manifestarsi in tutta la sua bellezza, sul fronte della ricostruzione ormai la strada è in discesa e si inizia a vedere la luce in fondo al tunnel“. Insomma, la ricostruzione ora “non è solo sulla carta“.
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