Si definisce Catcalling quella serie di comportamenti tra cui fischi, gesti, commenti e avance sessuali indesiderate, messi in atto dagli uomini nei confronti del sesso femminile per attirare la loro attenzione in strada ed altri luoghi pubblici. Ogni giorno ne sono vittime tantissime donne e sì, è una molestia. Non è un corteggiamento, un flirt, un complimento ma un abuso verbale.
Perché il catcalling è una molestia e non un complimento?
Il catcalling, anche detto street harassment, data la sua natura non fisica, è altamente sottovalutato e spesso giustificato. Alla base non vi è solo la convinzione, tutta maschile e maschilista, di risultare piacevoli e accattivanti, ma anche l’idea di prevaricazione. Esagerazione? No: la sensazione di disagio mista a rabbia, paura e impotenza in cui si trova la donna presa di mira ne è la prova.
Il gruppo statunitense “Hollaback!” in collaborazione con la Cornell University ha condotto uno studio sul tema su scala internazionale. È stato dimostrato che in media l’84% delle donne intervistate, in tutto 16.600 in 22 paesi, è stata vittima di molestie da strada prima dei 17 anni. In Italia, uno dei paesi presi in esame, è stata riscontrata la più alta percentuale di donne che hanno deciso di cambiare strada dopo aver subito episodi di catcalling. Solo il 20% di queste decide di affrontarli. Questo perché la vittima prova spesso un forte senso di frustrazione e di impotenza, dal momento che si trova in una posizione di debolezza e potenziale pericolo. Non reagisce.
Il catcalling in Italia non è un reato
In alcuni Paesi il catcalling è severamente punito. In Francia, per esempio, rivolgere a una donna complimenti sgraditi per strada o sui mezzi pubblici è un reato: il molestatore viene multato. Lo stesso avviene per esempio nelle Filippine, dove nel 2019 è diventato legge il Safe Spaces Act, che punisce anche il catcalling con pene che vanno dalla multa alla reclusione, come fosse stalking. E anche in alcuni Stati degli USA ci sono leggi ad hoc.
La situazione in Italia è purtroppo diversa. Il catcalling nel nostro Paese non è un reato e ha un difficile inquadramento giuridico. Chi lo compie è considerato niente più che un corteggiatore respinto che nulla ha fatto di male, nel cercare di conquistare una donna o di relazionarsi con lei. Al danno arrecato alla vittima, viene anteposta la libertà di espressione del molestatore. Di base c’è una cultura patriarcale che non si preoccupa della violazione della dignità femminile, che ne oggettivizza e sessualizza il corpo e lo considera solo in relazione al soddisfacimento del desiderio maschile.
Le rivendicazioni sui social
Da anni si cerca di sensibilizzare le persone sul tema. Nell’agosto del 2018 in Francia è stata approvata una legge che considera il catcalling un reato. Recentemente ne ha parlato Aurora Ramazzotti, figlia di Michelle Hunziker e del cantante Eros, sul suo profilo Instagram, dopo che lei stessa ne è stata vittima durante una seduta di jogging.
“Possibile che nel 2021 succede ancora il fenomeno del catcalling?! Non appena mi metto una gonna o, come in questo caso, mi tolgo la giacca sportiva mentre sto correndo perché fa un caldo terribile, devo sentire fischi e commenti sessisti. A me fa schifo”, ha spiegato, “e se sei una persona che lo fa e stai vedendo questa storia, sappi che fai schifo”.
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Parole forti che lanciano un importante messaggio: il rispetto per la donna, in quanto persona, deve essere un elemento imprescindibile per far sì che ciò non venga più considerato un comportamento tollerabile. E’ necessario che si inizi a considera il catcalling per quello che è: una forma di molestia che limita la libertà e la sicurezza delle donne e che deve essere arginato il prima possibile.
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