Dopo dodici anni dalla scomparsa di Barbara Corvi, emerge la verità sulla vicenda: il marito Roberto Lo Giudice è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario aggravato e occultamento o soppressione di cadavere.
Barbara Corvi è scomparsa nel nulla il 27 ottobre 2009, all’età di 35 anni. La donna, sposata e madre di due figli, era di Montecampano, una frazione del comune di Amelia, in Umbria. Il suo caso era stato archiviato nel 2014. La scorsa estate la Procura di Terni ha però riaperto il fascicolo dopo l’interrogatorio di un pentito di ‘Ndrangheta che vive in provincia di La Spezia.
Fondamentale per le indagini anche il contributo della trasmissione televisiva “Chi l’ha visto?”, che negli ultimi mesi ha riacceso i riflettori sulla vicenda attraverso testimonianze e incongruenze del caso. La donna intratteneva da tempo una relazione extraconiugale e lo aveva confessato al marito, Roberto Lo Giudice, poche ore prima della scomparsa. Lui ha sempre fatto credere che Barbara Corvi si fosse allontanata volontariamente.
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La svolta nel caso legato alla scomparsa della donna è arrivata nelle scorse ore, quando la Procura di Terni ha disposto un ordine di carcerazione per omicidio a carico di Roberto Lo Giudice. Secondo quanto emerso dall’inchiesta, l’uomo l’avrebbe uccisa per gelosia per poi successivamente occultarne il cadavere, forse aiutato dal fratello Maurizio, che è finito nel registro degli indagati.
Come spiegato nel corso della conferenza stampa del procuratore capo, Alberto Liguori, il movente della gelosia “si condisce con un altro ingrediente che è quello economico”. Le accuse al marito di Barbara Corvi sono quelle di concorso in omicidio volontario aggravato e occultamento o soppressione di cadavere. Il corpo della donna non è infatti mai stato ritrovato, ma è emersa una intercettazione ambientale in cui una persona, al momento ignota, dichiara: “Io penso sia stata sciolta nell’acido“.
Le indagini erano state riaperte in seguito a un’interlocuzione con altre attività giudiziarie antimafia e si sono svolte con il contributo di tre collaboratori di giustizia. Tuttavia gli investigatori sono convinti che la matrice dell’omicidio non fosse mafiosa: la vicenda sarebbe nata da una mentalità mafiosa, ma non da circuiti di mafia. Liguori ha sottolineato che Lo Giudice, che è figlio di un boss della ‘Ndrangheta, pur non appartenendo al clan di riferimento ne avrebbe condiviso la visione in base alla quale “il tradimento deve essere lavato col sangue”.
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Il marito della vittima ha sempre fatto credere che quello della moglie fosse un allontanamento volontario, ma l’inchiesta ha smontato tutti i suoi depistaggi messi in scena. Tra questi, il prosciugamento del conto corrente di Barbara Corvi per garantirsi la fuga, la manipolazione del suo pc per accreditare intenti suicidari o le due cartoline spedite ai figli da Firenze. Adesso si attende l’interrogatorio di garanzia a Roberto Lo Giudice, che ad oggi si è avvalso della facoltà di non rispondere.
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