Il Caso di Pompeo Panaro in onda su Italia1 con lo speciale delle Iene, proprio a pochi giorni dalla giornata nazionale per il ricordo delle vittime innocenti di mafia.
La vicenda di Pompeo Panaro, vede ancora il mistero dopo circa quarant’anni da quel giorno in cui il commerciante calabrese, ex consigliere, assessore e vicesindaco del Comune di Paola, venne rapito, torturato e poi ucciso.
Il 28 Luglio del 1982 venne eseguita l’esecuzione ai danni dell’uomo, e le mani che commisero questo truce omicidio erano quelle mafiose. La sua è una storia dimenticata, che nonostante i 40 anni trascorsi lascia tutti a bocca aperta.
Nel tempo ci sono state delle vicissitudini e dei punti oscuri, si è cercato di depistare le indagini archiviando il caso come omicidio volontario mascherato da “lupara bianca”.
C’è il corpo di un uomo scomparso, diversi errori giudiziari, indagini aperte e subito dopo archiviate, secondo la magistratura 9 persone indicate dal pentito Giuliano Serpa (l’uomo che si accusò del delitto) risulterebbero morte.
In realtà solo 3 di quei 9 nomi risultano deceduti, in questo paradosso si è trovata la Iena Alessandro Politi, il quale durante la ricostruzione dell’omicidio, ha cercato di mettere la lente d’ingrandimento cercando di incontrare i presunti deceduti giudiziari.
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Il motivo per il quale il padre di Paolo è stato ucciso oggi è ancora attuale, ma purtroppo nessuno ne parla perché si ha paura. Purtroppo nonostante il trascorrere degli anni, la storia viene schiacciata dal peso della mancata verità.
Il nome del commerciante calabrese è comparto nell’elenco delle vittime di mafia che ogni 21 Marzo viene letto nel giorno della memoria organizzato da Libera.
Suo figlio Paolo, tutt’oggi è alla ricerca della verità, nonostante le indagini compiute ancora non si è giunti ad una verità sul delitto del padre. Secondo il figlio la ‘Ndrangheta è stato il braccio armato dei secondi fini di altre persone.
Ne momento in cui il padre venne a mancare, Paolo era un bambino, ma con il passare del tempo ha voluto ricercare una risposta su quanto era accaduto a suo padre.
Paolo ricorda suo padre come una persona estremamente affettuosa, con il senso della famiglia. Nella città di Paola aveva un negozio di alimentari, riusciva a gestire anche diverse mense, la sua generosità e disponibilità venne ricordata da tutti.
Non rinunciava mai ad aiutare tutti coloro che erano in difficoltà, nel momento in cui venne eletto consigliere, assessore e poi vicesindaco in Comune.
Era nelle liste di Democrazia Cristiana e non si perdeva mai d’animo quando doveva esprimere la sua opinione, durante il consiglio comunale nel momento in cui si dimise, pronunciò delle parole forti nei confronti del partito che governava l’Italia durante il 1982.
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Sulla morte del padre di Paolo sino al 2012 c’era il suo nome in qualunque storia sulla ‘Ndrangheta, tra libri articoli e altro si poteva leggere la seguente citazione: “scompare a Paola il 28 Luglio 1982, per lupara bianca”.
All’ufficio anagrafe c’era un unico atto che dichiarava la presunta morte, l’atto venne richiesto dalla moglie e la figlia nel 1994. Sulla morte del padre di Paolo ci furono delle indagini e degli accertamenti dei quali la famiglia non era a conoscenza.
Nel 1983 nessun membro della famiglia fu avvisato che la polizia di Paola, tramite segnalazioni anonime trovò su una montagna alcuni resti che tramite una perizia dell’Università di Napoli si dichiarò che fossero del padre di Paolo.
Venne aperto un fascicolo d’indagine per omicidio a carico di ignoti, il quale verrà archiviato prontamente nel 1984, le voci che giravano sul fatto che nessuno sapesse nulla sul padre di Paolo erano false. Ma nonostante tutto il Tribunale decise di archiviare la scomparsa e non fu trasmesso più nulla allo Stato Civile del Comune di Paola.
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Fedele Soria, un pentito aveva parlato dell’omicidio dell’uomo con riferimenti al movente, all’arma una pistola 28 Cobra, la quale venne utilizzata per il delitto.
Venne anche indicato il luogo nel quale l’uomo venne ucciso, mentre nel 2004 l’indagine venne archiviata perché il collaboratore di giustizia aveva ritrattato le dichiarazioni.
In quel momento il fascicolo del padre di Paolo, con foto e perizie, è passato sotto le mani e gli occhi di ben 7 magistrati.
Nel 2007, un altro pentito Giuliano Serpa riferì le stesse dichiarazioni del primo pentito, ma con ulteriori dettagli, i quali indicano come causa il fatto che il padre di Paolo aveva denunciato l’omicidio del meccanico Luigi Gravina.
L’inchiesta venne riaperta qualche mese dopo, nel momento in cui Paolo espose a seguito di un articolo che aveva letto sul giornale in cui parlava del padre.
Da quel momento cercò di ricostruire tutto quello che era accaduto, con una semplice richiesta di accesso agli atti riuscì a trovare il fascicolo della Dda dove si certificava l’esistenza dei resti recuperati di suo padre.
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Nel momento in cui vennero rinvenuti i resti del padre, questi vennero consegnati ai fratelli dell’uomo e non a sua moglie. Purtroppo i fratelli non hanno mai dichiarato anche nel momento della dichiarazione di morte.
Paolo ha cercato di capire il motivo, cercando spiegazioni con i suoi zii, ma purtroppo non è riuscito ad avere risposte esaurienti. Ha denunciato i suoi zii, proprio perché aveva il dovere morale di registrare il decesso in comune. In questo caso nessuno ha fatto nulla, neanche la stessa Procura.
Il silenzio del caso Panaro era dato dal fatto che avevano molti interessi per i locali che il padre di Paolo dava in affitto da alcuni anni. Nel momento in cui il ragazzo ha scoperto la verità tutti in famiglia si sono dati per dispersi.
I problemi sorgeranno durante le indagini della Dda, proprio quando Paolo denuncia il tutto nel 2013, per poi essere archiviato nuovamente nel 2014 nonostante le gravi anomalie riscontrate.
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Nel momento in cui furono ritrovati i resti del commerciante calabrese, il boss Serpa parlò dell’omicidio, autoaccusandosi del delitto e offrendo riscontro a quanto detto dal primo pentito.
Ci furono circa 12 indagati, tutti questi nomi vennero dichiarati e considerati deceduti dalla procura, ma in realtà solo 3 erano deceduti.
L’unico che venne riconosciuti come il responsabile dell’omicidio fu il collaboratore di giustizia, il quale fu “salvato” dalla condanna perché il reato cadde in prescrizione.
Le anomalie ci furono dopo l’esposto di Paolo, proprio quando la magistratura riapre l’inchiesta. Nel 2013 viene chiesto il test del DNA sui resti della cappella di famiglia.
Il medico legale e i tecnici aprirono la cassetta di zinco, il contenitore era avvolto in una carta da pacchi asciutta e ben conservata. All’interno furono trovati due sacchetti di plastica dell’ipermercato “Standa” e un sacco nero per i rifiuti.
Dentro c’era l’omero ma non c’erano i capelli, i quali erano fondamentali per l’identificazione del DNA, e i frammenti del cranio ritrovati nel 1983 mai consegnati ai parenti.
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Alla luce delle gravi anomalie giudiziarie, Paolo ritiene che la morte di suo padre non sia stata solo una questione di ‘Ndrangheta, pensa che la criminalità organizzata sia stata solo il braccio armato di altri.
Le persone che vengono sequestrate dalla mano della ‘Ndragheta vengono subito uccise, senza esser sequestrate o torturate, alcune voci dicono che fu rapito ed imprigionato a pochi metri da casa, ma nessuno fece una mossa per liberarlo.
Il caso volle che suo padre venne ucciso durante un periodo molto difficile per l’Italia, c’era il compromesso storico. Suo padre non temeva di andare controcorrente all’interno della Democrazia Cristiana.
La sua morte potrebbe essere paragonata a quella di Aldo Moro, proprio nello stesso modus operandi, prima fu rapito e poi fu ucciso.
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Da quando il ragazzo ha cominciato a far domande sul caso Panaro ci sono state diverse minacce a suo carico. Dopo aver pubblicato l’articolo su Fanpage.it in cui si parlava degli imputati ritenuti morti, i quali non erano in realtà deceduti.
Dopo circa 3 giorni, il ragazzo si è trovato una volpe morta appesa proprio accanto alla sua macchina, mentre a Marzo dello scorso anno ha trovato un asparago sul parabrezza dell’auto.
Negli anni prima mentre presentava gli esposti alla Dda, il ragazzo ha trovato una vita conficcata nella ruota e l’acqua nel serbatoio della benzina.
Mentre tornava dalla procura, trovò una macchina in fiamme sulla strada, un altro episodio vede uno dei suoi cani massacrati di botte il giorno prima che andasse a Roma per la nomina dell’avvocato che avrebbe seguito il caso.
Attualmente il ragazzo non ha più fiducia nella magistratura, nel momento in cui ha ricostruito la vicende con il suo esposto, dichiarando tutto nero su bianco, ha chiesto di far chiarezza.
Ancora una volta il ragazzo è stato vittima di archiviazione da parte della magistratura, nessuno ha mai chiarito il motivo della “lupara bianca” e perché gli zii non siano stati coinvolti nel caso Panaro.
Le dichiarazioni dei pentiti sono reali, ma gli imputati non hanno arrestato gli assassini perché li hanno reputati ormai tutti morti. Questa sembra una presa in giro bella e buona.
Nonostante i silenzi e i muri che sono stati sollevati in questa vicenda, Paolo non vuole perdere la speranza. Dal suo canto cercherà di raccontare cose è accaduto a suo padre, chiedendo risposte alla sue domande poste ormai da anni.
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