Alex Majoli nasce a Ravenna nel 1971, sin dalla giovane età si avvicina al mondo della fotografia, la sua diventa sin da subito una fotografia dinamica e molto particolare.
Il suo stile è definito dalla strada, non appena compie 18 anni proporrà degli scatti presi nella guerra civile in Jugoslavia, ci saranno dei veri e propri reportage, lo stesso verrà fatto in Kosovo e Albania.
Il fotografo è riuscito a trasmettere mediante le sue immagini, informazioni su accadimenti, cercando di trasferire i sentimenti che trasparivano dalla persone: gioia, dolore, tristezza, violenza e tanto altro ancora.
Un fotografo di guerra riconosce come utilizzare le immagini al posto delle parole, riprendendo delle scene di ingiustizia e dolore in modo che riescano ad entrare nella mente di chi osserva.
Questo è quello che il fotografo italiano è riuscito a fare tramite i suoi reportage, infatti tramite la sua fotografia è riuscito a ritrarre una notizia vera e propria, senza filtri.
L’utilizzo del bianco e nero di solito enfatizza gli eventi che si sta riprendendo, soprattutto se l’immagine esprime dolore, malinconia o tristezza.
Con il contrato elevato l’immagine riesce ad essere immediata e soprattutto diretta gli occhi di chi osserva, cercando di penetrare nel cuore e nell’animo riflessivo dell’individuo.
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Alex Majoli, dalla sua fotografia traspare tutto il dolore della guerra
La ribellione del popolo e i sentimenti contrastanti, sono composti da singoli drammi che il fotografo è riuscito a catturare, raccontando anche la storia dei popoli che visitava.
Il fotografo italiano ha mostrato al meglio la sua tecnica proprio in situazioni difficili, dove per riuscire ad avere lo scatto perfetto, bisognava adattarsi al terreno e soprattutto alle situazioni.
Il suo curriculum non vanta solo guerra, ma anche fotografie di strada, dove la gente viene raccontata, un luogo viene mostrato in base a diversi punti di vista.
Dopo le esperienza in Jugoslavia, Georgia, Kosovo e Albania, il fotografo aveva in mente di raccontare la vita sviluppata nelle zone portuali di diverse città.
Il porto viene visto sempre come un luogo di passaggio, dove ci sono merci e persone da diverse parti del mondo. In questi casi, il colore è riuscito a comunicare la personalità della gente che transita.
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Tramite il progetto in Congo, il fotografo italiano ha potuto collaborare con Paolo Pellegrin, insieme hanno avuto la libertà di dar sfoggio a tutta la loro creatività fotografica, raccontando la vita dei congolesi, immersi nella povertà.
Lavorerà anche in Grecia, dove svolgerà un reportage in un ospedale psichiatrico, il quale stava per chiudere. La stessa tecnica del bianco e nero è stata utilizzata per riuscire a ritrarre delle scene differenti, per messaggi ancora più forti e significativi.